Sta diventando un appuntamento fisso annuale quello con un nuovo disco dei Nemo. Soprattutto, sta diventando un appuntamento da non farsi scappare, perché sembra proprio che la qualità sia in costante crescita. Nonostante un indurimento del sound, a momenti davvero vicinissimo al prog-metal, il quartetto transalpino anche in questa occasione sfodera tutto il suo talento con cinque brani di lunga durata e costruiti con estrema arguzia. C’è tutto quello che un amante di classico rock sinfonico può desiderare, dai cambi di tempo a quelli di atmosfera, dai complessi intrecci strumentali ai solos più efficaci, dai rimandi alla musica classica a quelli dei paladini del progressive vecchio e nuovo. “Douce mort” e “Appranties sorciers” sono i due pezzi da novanta: il primo apre l’album con oltre sedici minuti, il secondo lo chiude con venti. La chitarra del leader J.P. Louveton è molto spesso in primissimo piano ed è lo strumento che più fa avvicinare i Nemo al prog-metal, senza le esagerazioni tipiche dei gruppi appartenenti a questo filone, ma con una classe ed un acume molto netti. Il tastierista G. Fontaine rappresenta poi l’animo più variopinto della band, quello dal quale traspaiono maggiormente i legami con la musica classica, ma anche quello più imprevedibile che contamina la musica con svariate influenze. Non manca quella teatralità tutta francese di scuola Ange e d’altronde il titolo della suite finale dice tutto… Un elemento nuovo che viene a galla in “Si partie I”, rispetto ai precedenti lavori, è, invece, un’influenza più marcata dello stile Yes, avvertibile sia in certe frasi melodiche, sia in certi spunti aggressivi che possono ricordare i momenti più robusti di Anderson e soci. Continuano i passi avanti (anche una brillante produzione, che fa respirare un clima molto “arioso”, rappresenta una nota di merito) per una band che nel suo genere si sta dimostrando sempre più una piccola perla importante.