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NEMO Le ver dans le fruit Progressive Promotion Records 2013 FRA

La carriera dei Nemo si conferma tra le più costanti nel panorama transalpino del nuovo secolo con l’ottavo album in studio, per di più doppio e contenente oltre un’ora e mezza di musica. Tutto è presentato nel migliore dei modi, a partire dalla bellissima copertina e dall’artwork caratterizzato da una confezione digipack apribile in tre parti. Il leader, chitarrista, cantante e compositore JP Louveton si affida a Guillaume Fontaine alle tastiere, a Lionel B Guichard al basso e a JB Iter alla batteria per proporci un concept dalle tematiche non proprio originali, seppure sempre attuali (si tratta in pratica dei partiti politici, delle organizzazioni religiose, delle grandi multinazionali, dei media e di come il loro peso nel mondo sia una enorme forza manipolatrice che limita la libertà delle persone “comuni”, trasformandole, di fatto, in pecore). Da un punto di vista musicale, la band parte ancora una volta dai suoi punti di riferimento di base, Ange e Dream Theater, proponendoci nuove composizioni, spesso di ampio respiro, che sanno essere epiche e aggressive.
La partenza, in realtà, è abbastanza particolare, visto che la breve introduzione di due minuti intitolata “Stipant luporum”è interamente giocata su armonie vocali, cosa che inevitabilmente fa pensare un po’ ai Gentle Giant. Subito dopo si passa ad un prog-metal tecnologico non troppo roboante con “Trojan” e “Milgram 1960”, dove la chitarra la fa da padrona con riff e raffiche di note ruggenti. Toni diversi per “Verset XV”, con la quale si crea un’atmosfera intrigante virando su quelle capacità di creare sonorità misteriose e drammatiche tipiche di certo classico prog francese (rafforzate, peraltro, dal cantato in madrelingua), senza disdegnare qualche venatura floydiana. Manco a dirlo, è con brani di questo tipo che i Nemo vanno davvero forte e riescono a creare un sound pienamente convincente e affascinante. A questo punto si sono ben delineate le peculiarità dell’album e si susseguono una serie di tracce che mantengono omogeneità con quanto descritto finora, fino ad approdare alla conclusiva “Arma Diania”, pièce-de-resistance di oltre diciassette minuti in cui i toni si fanno ancora più altisonanti e si denotano dinamiche elettroacustiche egregiamente costruite.
Continuano imperterriti per la loro strada, quindi, i Nemo, con un percorso magari non originalissimo, ma che riesce ad essere ancora una volta pienamente convincente nel tentativo di avvicinare rock sinfonico, new-prog e prog-metal. I crescendo intensissimi, le abili fughe strumentali, gli intrecci di timbri diversi, i cambi di tempo e di atmosfera abbondano come sempre ed in un’opera così lunga non poteva essere altrimenti. Non ci sono grosse sorprese ed è proprio questo a rappresentare, allo stesso tempo, il miglior pregio e il più netto limite di “Le ver dans le fruit”. Siamo al cospetto, infatti, del classico gruppo che sforna il classico disco che ti aspetti, senza sbavature, senza novità e con il quale andare sul sicuro se si sono già apprezzate le cose fatte in precedenza.


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Peppe Di Spirito

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