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Terzo album per questo sconosciuto quanto interessante gruppo russo (a partire dal nome greco che corrisponde alla prima persona del verbo essere)… gruppo si fa per dire, visto che in pratica è il progetto solista del chitarrista e cantante Alexander Skorobogatov e sconosciuto solo in parte, visto che c'è lo zampino, almeno in qualità di ospite, di Ivan Rozmainsky dei connazionali Roz Vitalis. E bisogna dire che Ivan è riuscito a lasciare la sua impronta in questo progetto, almeno nelle quattro tracce in cui compare con tastiere e synth virtuali. Riferimenti palpabili ai Roz Vitalis si possono percepire ad esempio in "Detachment", dal sapore un po' gotico e spettrale, ma comunque dai lineamenti delicati e vagamente Floydiani… come se il gruppo inglese si fosse perso in un castello di vampiri. E qualcosa di inquietante la trasmette anche "Air Abyss Mule" che, assieme a "Extended Mule", rappresenta una rielaborazione della celebre "The Mule" dei Deep Purple. Davvero particolare questa coppia di brani, in cui il chitarrista dà prova delle sue grandi capacità di rapidità e gusto melodico, con il suo stile alla Malmsteen/Vai. Deliziosa poi la scelta di sostituire alcune melodie di tastiere con il tradizionale Bayan (la fisarmonica russa a pistoni, studiata persino al conservatorio). L'approccio globale è abbastanza rustico, con suoni ruvidi, una registrazione non brillante ed un impatto abbastanza immediato. Lo stile è abbastanza vario ma con una base decisamente rock; prevalgono atmosfere cupe ed inquietanti e a volte le sonorità si irrobustiscono decisamente grazie a spinte chitarristiche vigorose che a volte sfociano in assoli tecnici. Graziosi comunque i vaghi riferimenti alla musica sacra e al folk, come ad esempio si possono percepire nel piacevole pezzo di apertura "Face Off", introdotto dal Bayan e dalla chitarra acustica. La chitarra da parte sua ha suoni ruvidi, impastati, a volte riverberanti, e mai netti, cosa che comunque amplifica il feeling globale dell'album, tetro e a modo suo coinvolgente. Anche la voce di Alexander, che interpreta testi in prevalenza in russo e di ispirazione cristiana, ha qualcosa di sinistro e risulta comunque piacevole. L'elemento più debole è rappresentato da quello percussivo, con una batteria, ci duole dirlo, elettronica, che si limita praticamente a tenere il ritmo, senza grossi slanci. Con una produzione più ricca e magari qualche ospite in più, questo album sarebbe stato sicuramente diverso, quello che possiamo comunque ascoltare è nonostante tutto gradevole e di discreta fattura.
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