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Penso che il titolo “Lavoro d'amore” rappresenti in qualche modo l'ennesima manifestazione della passione di Ivan Rozmainsky per il prog italiano, fatto che viene confermato dall’onnipresente gusto sinfonico che permea a tutto spessore questa sua nona (se si escludono i vari EP e live) uscita discografica. Se c'è un aspetto in cui il nostro tastierista eccelle, questo riguarda sicuramente la creazione di paesaggi musicali da colonna sonora o da musical. Visioni a volte inquietanti, e ricordiamo a tal proposito opere del suo passato repertorio come “Enigmarden” o “Compassionizer”, ma comunque sempre suggestive, anche quando a prevalere sono le tonalità dolci e mistiche, come le troviamo invece nell'opera oggetto di questa recensione. La traccia di apertura, “The Acknowledgement Day”, si discosta in realtà un po' dalla media degli altri brani dell'album per la sua struttura dai ruvidi tratti rock, forse a volte un po' confusionaria, e per le sonorità non brillanti e un po' da cantina che danno comunque l'idea di qualcosa di genuino. Le restanti dieci tracce, sempre strumentali, come di consueto per il gruppo, sono tutto un altro discorso e colpiscono per l'impatto emotivo forte e per la loro visionarietà. Una concretizzazione felice di queste caratteristiche la ritroviamo ad esempio nella stupenda “There Are The Workers Of Iniquity Fallen”, scenografica e misteriosa, con i suoi riferimenti classicheggianti, gli umori alla Debussy, le atmosfere fiabesche e stranianti. Abbiamo già fatto notare come lo stile del suo gruppo si sia man mano arricchito anche grazie all'apporto di nuovi musicisti e questo nuovo lavoro non fa eccezione. Mi piace in particolare citare l'apporto di Alexey Gorshkov alla tromba nella notturna e Floydiana “Unanticipated”, una traccia molto particolare, incombente, a tratti persino lugubre che mostra un certo retrogusto folk e strane affinità con gli After Crying, oppure il contributo di Vladislav Korotkikh al flauto ed in particolare al low whistle su “Every Branch That Beareth Fruit”, brano dalle atmosfere rarefatte e surrealistiche, cinematografico e trasognato, incredibilmente comunicativo. Ma non necessariamente le tracce sono affollate di suoni o idee, anzi, il più delle volte sono libere di espandersi lasciando che siano gli stati d'animo a guidare l'ascoltatore. Lo stile di Ivan è in effetti molto introspettivo e a tratti decisamente criptico e poco decifrabile e per certi aspetti lo trovo persino somigliante a quello dei nostri connazionali DAAL. Alcune volte il suo approccio diviene addirittura minimalista come ad esempio accade in “What Are You Thinking About?” con le sue melodie incerte e sospese ed i loop elettronici che mi hanno fatto venire in mente qualcosa di Vangelis o, meglio ancora, di Wim Maertens, come anche in “Invisible Animals”, dai tratti psichedelici e space molto sfumati ed indefiniti. Vi sono poi episodi ben più dinamici, in cui l'apporto delle chitarre elettriche di Vladimir Efimov e di Vladimir Semenov-Tyan-Shansky diviene cruciale nella strutturazione di riff più sostenuti, come ad esempio possiamo registrare in “Need for Someone Else”, brano che mostra a tratti un'anima addirittura Sabbathiana, col suo bell'organo possente, oppure come nella buffa “Il vento ritorna” che segue questa volta una specie di ritmo di marcia simile ad un gånglåt con fasi più o meno ruvide. Come avrete capito, quando parlo di prog sinfonico in questo album non intendo uno stile ben definito quanto un’ispirazione diffusa avvertibile ovunque ma instillata in un mondo musicale assolutamente particolare e non sempre confortevole. Sicuramente l’uso diffuso di tastiere vintage con Hammond RT-3, Elka Rhapsody e Tesla Delicia mini2 potenzia questa percezione. Chi conosce i Roz Vitalis questo lo sa già e troverà in questo lavoro una nuova interessante occasione per mettere alla prova i propri nervi e le proprie orecchie. Accomodatevi.
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