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HUGH HOPPER Numero d’vol Moonjune Records 2007 UK

Sperimentazione, jazz, improvvisazione, avanguardia… Sono tutte parole ben care a Hugh Hopper. Questa colonna del progressive inglese, che ha legato il suo nome indissolubilmente al movimento canterburiano e ai Soft Machine, giunge al nuovo album solista in cui sembra quasi voler fare una summa della sua invidiabile carriera. In “Numero d’vol” collaborano con lui Simon Picard al sassofono, Steve Franklin alle tastiere, Charles Hayward alla batteria. Si comincia alla grande con la title-track, che parte piano, tastiere a tessere un’atmosfera di base, sax lento a guidare e basso pulsante in bella evidenza; ma man mano e senza alcuna esagerazione l’intensità cresce, i ritmi si fanno più incalzanti, il sax urla un po’ di più, il piano rifinisce splendidamente e si vola così, per oltre 9 minuti di jazz-rock raffinato e intelligente. E’ un brano in cui si sente tanto il motore della Macchina Morbida e inizio migliore non poteva esserci. In seguito, Hopper mischia un po’ le carte in tavola: ecco che “On the spot”, la robusta “Earwigs enter” e “Free bee” ci mostrano la sua voglia di ricerca e la spinta verso un sound fatto di una serie di note che viaggiano in assoluta libertà e al passo coi tempi; altre tracce, come “Get that tap”, “Bootz” e “Twilight” mostrano Hopper e compagni impegnati in un jazz stravagante, dai ritmi particolari e sempre vivaci, ma mai frenetici. In “Shovelfeet” e “Bees knees man” si torna a respirare aria di Soft Canterbury (eh, quel sax ricorda tanto Elton Dean…); “Straight away” gioca molto sull’atmosfera, sui sussurri, sul basso appena pizzicato; mentre la conclusiva “Some other time” dà il congedo con una sorta di free-jazz non estremo. Virtuoso e sperimentatore senza gli eccessi in cui solitamente si perdono gli appartenenti a queste categorie, Hopper, con qualche strizzatina d’occhio al passato, continua a guardare avanti e dà un bel saggio di classe con questo lavoro equilibrato e pienamente convincente.

 

Peppe di Spirito

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