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TEE The earth explorer Musea/Poseidon 2009 JAP

Questo album sarà sicuramente segnalato come una delle migliori uscite sinfoniche del 2009. Si tratta del debutto discografico di un quintetto giapponese, nato nel 2005 come cover band di Area e PFM, e autore dal 2006 di pezzi originali. L'amore per il prog di stampo europeo non rende questi musicisti dei puri emulatori del genere ma ha permesso loro di sviluppare un linguaggio congeniale agli amanti del prog sinfonico e al tempo stesso gradevole e piuttosto personale. Non si tratta di uno di quegli spietati gruppi ipertecnici che spesso provengono dalla terra del Sol Levante ma di una band dall'aspetto umano che fa leva soprattutto sulla melodia e non sugli effetti speciali. Non vengono mai cercate soluzioni ritmiche estreme ed arrangiamenti aggrovigliati e l'elemento portante delle fantasie melodiche elaborate dal gruppo è quasi sempre il flauto di Kenji Imai che viene sostenuto da basi di chitarra, sia con arpeggi che con riff elettrici, e di tastiere o a volte di pianoforte. Troviamo molti riferimenti classici del prog, soprattutto i Camel (o dovrei dire Ain Soph), la PFM o addirittura i tedeschi Rousseau, ma sono ben riconoscibili anche alcuni modelli locali, come i Kenso, soprattutto nel corso delle virate fusion che a tratti e in maniera mai improvvisa ed invadente si fanno sentire. Troverete sempre il flauto in primissimo piano ma la musica ha una sua profondità e se porgete l'orecchio più in là troverete delle basi strumentali ben arrangiate e ricche. Un pezzo come "Nomad" possiede diversi cambiamenti di scenario e passa da un incipit movimentato, hard fusion, piuttosto elettrico a trame più sofisticate, con un bell'uso della Claviola, strumento progettato dalla Hohner non comune da trovare, e passaggi di flauto dal tocco jazzato, per poi sfociare in una apertura idilliaca con chitarra acustica arpeggiata, piano e l'onnipresente flauto. Mi piacciono molto le scelte melodiche di quest'album, la delicatezza dei suoi paesaggi, l'attenzione riposta nell'elaborazione degli arrangiamenti, curati nei particolari. Un solo appunto lo farei alla timbrica della batteria che forse ha dei suoni troppo secchi, ma è più che altro una questione di gusto piuttosto secondaria. Non lo ho ancora detto ma le sei tracce che compongono questo album, che presentano tutte una durata piuttosto omogenea di 8 minuti in media, sono strumentali. Solo nella quarta traccia "Col de L'Iseran" viene tentato qualche esperimento con la voce che secondo me potrebbe essere un punto da approfondire per il prossimo album e che potrebbe contribuire a dare maggiore varietà e più chiaroscuri a questa musica. Un altro punto di ulteriore sviluppo potrebbe essere quello di ampliare le parti solistiche di tastiere: nella parte centrale dello stesso pezzo, per esempio, c'è un assolo di tastiere molto bello e delicato (che immagino sia stato fatto con la Claviola), con una base arpeggiata di chitarra. Si tratta comunque di spunti che mi vengono in mente pensando ad un ipotetico successore dell'esordio discografico che comunque appare gradevole, fluido, scorrevole e sicuramente meritevole di più di un ascolto.

 

Jessica Attene

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