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TEE Tales of Eternal Entities Musea Parallele 2016 JAP

Anche il terzo album dei giapponesi TEE ha un titolo che non è altro che un acronimo del nome del gruppo. Questo quintetto si era già fatto apprezzare particolarmente dagli amanti del progressive di estrazione romantico-sinfonica con l’esordio “The Earth Explorer” (2009) e con il successivo “Trans Europe Expression” (2012). Siamo lieti di affermare che “Tales of Eternal Entities”, uscito nel 2016 e interamente strumentale come i suoi predecessori, conferma pienamente sia la buonissima qualità musicale già mostrata in passato, sia la direzione stilistica del gruppo. In realtà, il brano di apertura “Epimetheus” spinge su inaspettate coordinate jazz-rock progressivo, soprattutto quando è la chitarra ad andare in primo piano e grazie anche alla vivacità ritmica, con la band che si muove su territori non così distanti da quelli battuti dai connazionali KBB. I TEE, in realtà, non sono del tutto nuovi a queste improvvise virate, eppure, quando la sei corde, all’interno dello stesso pezzo, lascia spazio al flauto ecco che siamo nuovamente catapultati verso un romanticismo di grande effetto. Le altre composizioni, tutte sufficientemente articolate e di ampia durata, si assestano verso quel rock sinfonico di qualità che avevamo imparato a conoscere con i precedenti lavori della band. Qualche divagazione verso i tecnicismi qua e là i musicisti se la concedono, ma, come ci hanno abituato, tendono a puntare maggiormente su eleganza e melodia, ricordando negli episodi più pacati i Camel più leggeri o due band che sicuramente devono molto a Latimer e compagni: i tedeschi Rousseau e gli statunitensi Nightales (ascoltare in particolare “Secret lake”, “Marine show” e “Mother Earth”, dei veri gioielli e molto coinvolgenti per chi adora i nomi citati). La bravura dei TEE, tuttavia, è quella di costruire brani strumentali che nonostante questa raffinatezza di base non sono né eccessivamente zuccherosi, né scontati. L’abilità tecnica dei musicisti permette loro di offrire un repertorio strumentale ricco di sfaccettature e grazie ai cambi di tempo e di atmosfera anche quelle tracce che hanno minutaggi più elevati sembrano scorrere via in un attimo. “Pulse” è il brano un po’ più particolare: può rievocare un’altra grande realtà del prog giapponese, i Kenso, con i suoi cambi d’umore che senza forzature portano all’alternanza tra una fusion vibrante e melodie vagamente classicheggianti. Meritevole anche la conclusiva “Moonbow”, che rappresenta forse il momento più sinfonico dell’album e che racchiude alcuni dei temi di flauto e di pianoforte più indovinati. Ancora pollice alto, quindi, per il quintetto formato dal flautista Kenji Imai, dal tastierista Ryuji Yonekyra, dal batterista Takayuki Asada, dal bassista Yukio Iigahama e dal chitarrista Katsumi Yoneda. Insieme a Yuka & Chronoship, i TEE sono tra i più interessanti gruppi del panorama prog sinfonico giapponese degli ultimi anni.



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Peppe Di Spirito

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