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Arroccata sulla sua collina, tra Provenza e Costa Azzurra a due passi da Avignone, Gordes si staglia immobile ed eterna, con il suo prezioso patrimonio artistico e architettonico. L’immagine di copertina scelta dai TEE per questo loro secondo lavoro in studio è proprio quella di questo splendido paesino francese. La scelta ben rappresenta l’amore del gruppo per l’Europa e i suoni del periodo prog settantiano, riconoscibili in ogni angolo di solco di questo disco, dall’eloquente titolo “Trans Europe Expression”. La formula proposta dai TEE è sempre quella del prog strumentale, imperniato sul flauto di Kenji Imai, che domina, sì, ma non toglie spazio e visibilità agli altri bravissimi strumentisti. Parliamo, essenzialmente, di prog di stampo sinfonico, ma con interessanti vagheggiamenti jazz, folk e new prog, per queste varianti specificheremo meglio più avanti. I brani si sviluppano con repentini e continui cambi, rincorse e riprese, lasciando intatta la scorrevolezza dei temi, spesso molto melodici. L’effetto di scorrevolezza generale è mantenuto principalmente grazie a temi e melodie dalla perfetta scrittura, così che anche quando i tempi si fanno dispari (spesso) e il concetto musicale diviene maggiormente complesso, il tutto viene amalgamato lasciando intatta la scorrevolissima armonia. Questa meticolosa ricerca arriva a raggiungere perfettamente l’obiettivo, senza mai scendere in freddo calcolo o in sterile magniloquenza. Sei le tracce che compongono il lavoro, molto omogenee per riuscita. Da citare assolutamente l’iniziale e nervosa “Stromboli”, giocata su notevoli poliritmie sulle quali il flauto rotola senza sosta e senza emettere una nota di troppo. Nel suo roteare, il flauto, è gemellato ora con la chitarra di Katsumi Yoneda, ora con il synth monofonico di Ryuji Yonekura, in una giostra supportata dal complesso lavoro ritmico di Takayuki Asada alla batteria e di Yukio Iigahama al basso. Splendida e molto particolare nel suo sviluppo è “Intersection”, variatamente tessuta tra temi sinfonici, di jazz canterburyano e folk, con un bell’utilizzo delle tastiere, con solo di chitarra ariosi, di stampo new prog e intermezzi vocali che rimandano vagamente agli Hatfield and the North e a certi Camel. Più tipicamente sinfoniche “Rhodanus – (River to the Ocean)” e “Gordes”, soprattutto la seconda, anche grazie alla sua più lunga durata, sia come costrutto, sia per il maggiore apporto tastieristico. Dovendo tirare fuori elementi di ispirazione val la pena citare i Camel, i connazionali Shingetzu, Outer Limits, Ain Soph e Vermillion Sands, gli IQ per alcuni assolo di chitarra, certamente la PFM e anche qualche aspetto di prog sinfonico francese che richiama Atoll e Pulsar. Qualche influenza gilmouriana per il chitarrista credo sia innegabile, specie nelle parti arpeggiate. In conclusione si può dire che lo stile di questa band si risolva in una grande piacevolezza d’ascolto, senza fare urlare a nessun miracolo o a novità sonore, ma un disco tutt’intero, scorrevole e goloso così, è certamente da apprezzare, promuovere in pieno e sostenere.
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