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CLIFFHANGER |
Not to be or not to be! |
Musea |
1996 |
NL |
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Le difficoltà della SI Music hanno portato alla diaspora dei gruppi che gravitavano attorno ad essa: di alcuni abbiamo per il momento perse le tracce, mentre altri, soprattutto quelli che avevano dischi già pronti, sono stati prontamente reclutati da altre etichette specializzate. Tra questi il gruppo olandese in questione, che la Musea ha saputo far proprio dimostrando sapiente lungimiranza. I CLIFFHANGER erano infatti tra le migliori proposte che circolavano nell'ambiente new-progressive tradizionalmente legato alla casa di Rotterdam. A dire il vero si fa anche qualche sforzo ad inserire i CLIFFHANGER sotto l'etichetta new-prog: nonostante l'impressione generale porti decisamente verso questa direzione, l'ispirazione è ben calata negli anni settanta, sia per il modo con cui miscela componenti strumentistiche attuali con altre squisitamente retro, sia per le palesi influenze che questa trae da nomi come Genesis e VDGG; il che mi ha portato a costruire un instabile parallelo tra la band in questione ed i vecchi austriaci Kyrie Eleison, evidente soprattutto nel brano di apertura "Innocent victim". La musica dei CLIFFHANGER è dunque musica di notevole complessità, molto frastagliata e ricchissima di cambi di tema e di situazione, tanto da essere spesso in grado di far rivivere la splendida sensazione che si prova quando si riesce a capire un disco soltanto dopo numerosi ascolti. E' pur vero che questa complessità è a volte fin troppo accentuata, rendendo difficile entrare nello spirito delle composizioni anche quando le si sono ormai abbastanza assimilate.
Dei cinque lunghi brani che compongono l'album due sono interamente strumentali: "Sewers" e "Moon", che conducono rispettivamente verso soluzioni vagamente psichedeliche e d'atmosfera; è comunque in quelli cantati che si raggiunge l'apice dell'ispirazione CLIFFHANGER-iana. In teoria l'apogeo si dovrebbe avere nella suite (25') "Ragnarók", ma il fatto che la curva dell'interesse cali un po' in alcuni tratti porta a preferire la già citata "Innocent victim" o l'ottima "The artist". Sicuramente una prova più che positiva, ben prodotta e di buon spessore artistico. Fateci un pensiero.
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Riccardo Maranghi
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