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E’ la prima volta, nella mia breve esperienza da recensore, che mi è capitato di dover recensire un album live a cui ho assistito dal vivo. “Mirrors” di Yugen è la testimonianza della loro performance al RIO Festival svoltosi a Carmaux, in Francia, lo scorso Settembre 2011. Nella tre-giorni del festival si sono susseguiti nomi di spicco del panorama avant-prog internazionale tra cui Sax Ruins, Alamaailman Vasarat, Jack Dupon, Gargantua, Panzerballet, Once Upon a Tme in Belgium (band belga che riuniva tra le sue fila i Present, gli Univers Zero e gli Aranis) e Yugen per l'appunto. Con un minimo di orgoglio nazionalistico, posso affermare che una delle migliori performance sia stata indubbiamente quella del gruppo italico, seconda solamente al supergruppo belga. La cosa non mi ha sorpreso più di tanto poiché Yugen è ormai una realtà affermata nel panorama progressive internazionale. Sono bastati tre album straordinari per guadagnarsi un posto nell’Olimpo e, a questo punto del suo percorso artistico, un album live ci può stare benone. Se non fosse per aver già presenziato a un suo concerto, sarei stato davvero curioso di sapere come la sua musica rendesse dal vivo. Il genere non è certo dei più semplici e immediati. Il contesto live non dovrebbe essere il suo habitat naturale. La musica è studiata, ragionata, certamente cerebrale, ma non cervellotica. Yugen è una piccola orchestra con molteplici strumenti e sonorità. Trame musicali complesse si intrecciano creando tessuti variegati e complessi. Nelle versioni live sicuramente la sua musica dovrebbe perdere qualcosa. Sicuramente poco si adatterebbe ad essere coinvolgente e ad emozionare dal vivo. Non dovrebbe riuscire a riprodurre tutte le sfumature degli album in studio. Così avrei pensato… Tuttavia sapevo già che così non è! Dopo avermi stupito album dopo album, elevando sempre il suo standard qualitativo, il gruppo è riuscito a farmi ricredere anche riguardo alle sue performance dal vivo. I meriti di tutto ciò sono tanti e omogeneamente distribuiti. Uno di questi è sicuramente il fatto di essere riusciti a reclutare una line up molto nutrita in cui spiccano le presenze del vibrafonista Jacopo Costa e del pianista Maurizio Fasoli che aggiungono colore e tonalità nuove. Il primo con i suoi marimba e vibrafono rende i brani alle volte più psicotici, alle volte più empatici. Il secondo aggiunge raffinatezza e spessore artistico. Non bisogna tralasciare il sempre ottimo Valerio Cipollone ai fiati, che con il suo clarino sopperisce anche alle parti vocali della Di Falco nel brano “Ice”. Notevole anche la sezione ritmica con Matteo Lorito al basso e Michele Salgarello alla batterie, capaci di stare dietro alle ardite evoluzioni sonore e ai repentini cambi di tempo della band. Di certo, aumentando il numero degli interpreti e variegando gli strumenti, la musica di Yugen non può che beneficiarsene in espressività e intensità. Bisogna poi riconoscere e dare atto al lavoro enorme del tastierista Ske che con le sue tastiere riempie a fa da collante per il sound della band. Gli effetti sonori utilizzati sono tutti dal vivo e senza ricorrere all’utilizzo di sovraincisioni. Tuttavia il merito maggiore va a Francesco Zago che, oltre ad essere chitarrista eccezionale, leader e compositore della band, dal vivo è il vero direttore d’orchestra del gruppo: riesce nel compito difficile di suonare a meraviglia il suo strumento e di "comandare" e dirigere i compagni, col supporto del “luogotenente” Ske.
A questo punto la scaletta passa in secondo piano. Qualsiasi pezzo si fosse scelto il risultato non si sarebbe discostato poi di tanto. Ad ogni modo ci si è concentrati soprattutto su “Labirinto d’acqua” e “Iridule”, tralasciando completamente “Uova Fatali”. Unica eccezione la cover degli Henry Cow “Industry”, doveroso omaggio ai padri del RIO al Festival del RIO. Vanno ad ogni modo sottolineati i diaci minuti onirici di “Cloudscape” e la follia ragionata di “Becchime”. In questi brani così interpretati ciò che colpisce maggiormente è il come siano riusciti a rendere più coinvolgente e sanguigna una musica prettamente razionale. L'album "Mirrors” lascia venir fuori l’anima più “rock” e passionale di Yugen e, dalle sue esecuzioni, quest'anima sorprende per la capacità di sprigionare energia inattese. Superando anche questa prova, non facile, a pieni voti, Zago & Co. riescono a stupirci dando ulteriore conferma di essere una band dal vero respiro internazionale e di meritarsi un posto nel gotha del panorama contemporaneo del RIO.
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