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NOT A GOOD SIGN Not a good sign Fading Records 2013 ITA

Un po’ per intuito, un po’ per scaramanzia siamo abituati a cercare ovunque presagi ed indizi che ci indichino in qualche modo l’esito delle piccole azioni come anche delle imprese più o meno temerarie. Così se ci perdiamo lungo un sentiero di campagna e sentiamo in lontananza il verso di qualche rapace notturno, commentiamo subito che quello non è un buon segno, oppure se guardiamo un film e la musica si fa improvvisamente cupa, immaginiamo subito che qualche sciagura è lì ad aspettarci subito dietro l’angolo. Non sappiamo se quei presentimenti si avvereranno ma quella sensazione di ansia sospesa, di incertezza e allerta basta a creare dentro di noi emozioni tangibili che lasciano persino correre qualche brivido sulla schiena.
Se Paolo Botta (tastiere e glockenspiel), Francesco Zago (chitarra elettrica e acustica) di Yugen e Gabriele Guidi Colombi (basso) e Alessio Calandriello (voce) de La Coscienza Di Zeno si ritrovano tutti per dar vita a nuovo progetto musicale sarà o no un buon segno per il Progressive Rock? Lasciamo ai lettori o ai posteri la soluzione di questo enigma e concludiamo comunque che la musica, scritta a partire dal 2011 dal duo proveniente da Yugen, in effetti ha il potere di creare sensazioni di tensione e mistero, con le sue atmosfere oscure, il suo melange autunnale che sa di foglie morte e piacevoli sentori muffati di sottobosco. Queste belle colorazioni sono fornite soprattutto dal ricco tessuto tastieristico fatto di sonorità vintage con organo e registri di Mellotron spesso in evidenza. Generose spruzzate di psichedelia nebulizzate nell’aria contribuiscono a stordire i sensi mentre gli interventi decisi e tecnici, ma comunque non troppo invadenti, della chitarra e l’approccio solido della batteria, suonata dal quinto anello della band Martino Malacrida, ci forniscono appigli solidi per la scalata all’ascolto.
Più volte la sensazione di ascoltare la colonna sonora di un thriller, unita ovviamente a certe sonorità, mi hanno fatto pensare a gruppi come Morte Macabre o Anima Morte, tanto per rimanere in tema di oscuri presagi, ma in questo caso la differenza sostanziale sta in un tocco tutto italiano che ci riporta agli anni d’oro del Prog nostrano senza ricordare nessun gruppo in particolare, anche se qui tutto è più levigato e sofisticato, a dimostrazione che tanto tempo non è proprio passato invano. Notiamo che gli spartiti sono abbastanza movimentati con tracce a discreto rilascio energetico, come quella di apertura “Almost I”, o come la title track, attraversata da sequenze elettriche evidenti e dal taglio Crimsoniano, ma personalmente mi sento di preferire i momenti in cui la musica si distende e quella sensazione fluttuante ed indefinita prende il sopravvento. In questo senso mi piace citare “Making Stills”, uno strumentale dominato dalle tastiere che procede in progressiva e fluida accelerazione o la successiva e centrale “Witchcraft by a Picture”, impreziosita dalla voce eterea di Sharron Fortman (Cardiacs, North Sea Radio Orchestra), oltre che dal pianoforte dell’altro Yugen Maurizio Fasoli e dal violoncello di Bianca Fervidi (ospiti questi che ritroviamo anche in altre due tracce). Il cantato in questo contesto sembra quasi frutto di un incantesimo e non posso fare a meno di immaginarlo anche in altre situazioni di questo album, anche se, è vero, non potrebbe rimpiazzare integralmente la performance di Alessio, molto più adatta per altri aspetti. Mi piace ad esempio il suo modo di insinuarsi fra le note piene di mistero di “Coming Back Home”, altro brano molto affascinante con colate sinfoniche di Moog sul finale, o il suo stile più rilassato in “Flow On”, una traccia dalle strane suggestioni alternative rock. Chissà, forse due voci soliste, una maschile e l’altra femminile, potrebbero essere la soluzione perfetta per un nuovo album (prendete nota per favore). Percepisco un po’ di fatica nei momenti più rocciosi, come in “The Defeaning Sound of the Moon”, un po’ spigolosa con puntate quasi metal. Per fortuna la conclusiva “Afraid to Ask” giunge quasi a purificare il suono sporco della traccia appena trascorsa con un violino lunare e la limpidezza del pianoforte.
Avrete capito che l’album è in sostanza molto variegato anche se in generale posso dire che sia il lavoro di Paolo Botta con Ske (minore è il peso di Yugen), sia l’approccio de La Coscienza Di Zeno hanno avuto la loro importanza sul risultato finale che è buono, degno di nota e non privo di peculiarità che lo differenziano da altre produzioni coeve. Inutile dire che il disco è suonato splendidamente, e questo è sicuramente un punto di forza, e anche a livello di produzione i risultati sono eccellenti, nonostante ciò mi auguro una ulteriore messa a fuoco delle idee qui contenute, di valore, non mi fraintendete, ma che possono essere benissimo il punto di partenza per fare tanta altra strada. Nel frattempo non ci sono controindicazioni nel mettere questo album nella vostra lista della spesa.



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Jessica Attene

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