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ÄNGLAGÅRD Prog på Svenska - Live in Japan Anglagard Records 2014 SVE

Venti anni di attività e solo tre dischi in studio per gli Anglagard. Eppure la band svedese è riuscita a lasciare un segno forte e prepotente nel panorama del prog post anni ’70 e ricapitolando nel 2014 la loro storia possiamo ricordare abbandoni e rientri, cambiamenti di formazione e una proposta musicale affascinante e ricca di punti di riferimento, a partire da classici come King Crimson e Genesis e proseguendo con “meno classici” come Cathedral e Shylock. E con i loro album hanno stregato un bel numero di appassionati. Si è dovuto attendere quasi un ventennio per avere un successore ad “Epilog” e sicuramente “Viljas oga”, nel 2012, non ha deluso le attese. Ora è il turno del documento live che ci permette di capire cosa sono gli Anglagard oggi su un palco. Diciamo subito che la prima impressione sembra avallare l’ipotesi di come Anna Holmgren abbia preso in mano le redini del gruppo. Con i suoi fiati ed il sempreverde mellotron appare la protagonista principale. Eppure non deve essere sminuito affatto l’apporto dei suoi compagni di avventura, a partire dallo storico Tord Lindman (chitarra e voce) e proseguendo con Johan Brand (basso), Erik Hammarström (batteria e percussioni) e Linus Kåse (tastiere, piano, sax e voce). In questo cd, che raccoglie registrazioni al Club Città di Tokyo datate 15, 16 e 17 marzo 2013, l’amalgama che caratterizza il quintetto è perfetta e vengono riproposti a meraviglia alcuni dei brani più riusciti della band, che non perdono in drammaticità e pathos nonostante qualche ritocco negli arrangiamenti. Il pezzo d’apertura è un inedito intitolato “Introvertus fugu part 1” e funge da introduzione giocando inizialmente su toni soffusi, creando un’atmosfera misteriosa con flauto, piano e tastiere in evidenza, mentre chitarra elettrica e percussioni sembrano rifinire in lontananza a volumi bassi. Nella seconda metà della traccia il mellotron anticipa quella che è una vera e propria esplosione sonora. Bell’inizio, non c’è che dire! Dopo questi primi cinque minuti ecco che parte il crescendo di tastiere che dà il via ad una delle composizioni più belle dell’intero repertorio della band, “Höstsejd”. Rispetto alla versione originale e alla riproposizione presente sulle testimonianze del Progfest del 1994 notiamo due novità: il minutaggio è ridotto a circa undici minuti e mezzo e viene inserito maggiormente, rispetto al passato, il sax, che si ritaglia ampi spazi (ma non preoccupatevi, il flauto è sempre una bellissima presenza) e che in alcuni frangenti fa emergere anche qualche similitudine con il classico sound dei Van der Graaf Generator. Dall’ultimo album vengono pescati quelli che forse possono essere considerati i due brani più belli: “Längtans klocka” e, soprattutto, “Sorgmantel”, che con l’alternanza tra “pieni” furiosi e crimsoniani ed aperture più melodiche in cui risalta la dolcezza del flauto mostrano come la band abbia puntato sulla continuità rispetto alla dimensione sonora degli esordi nei primi anni ’90. “Jordrök” resta una composizione magistrale, intensissima e drammatica, con quegli sviluppi imprevedibili che mantengono sempre una tensione particolarmente elevata. “Kung bore” e “Sista somrar” (quest’ultima indicata come bonus track e registrata in occasione del soundcheck della data del 17) sono altri due pezzi da novanta che completano una scaletta eccellente. Non siamo al cospetto di geni, come qualcuno ha creduto e ha voluto far credere un po’ di tempo fa, ma gli Anglagard vanno comunque considerati una grandissima band e rappresentano una voce molto importante nel panorama prog degli ultimi venticinque anni. Ed anche questo live lo dimostra.



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Peppe Di Spirito

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