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ELEPHANT9 (with Terje Rypdal) Catching fire Rune Grammofon 2024 NOR

Giusto il tempo di assimilare per bene “Mythical river” ed ecco che gli Elephant9 ci propongono un nuovo album, stavolta dal vivo, registrato il 20 gennaio 2017 ad Oslo e in compagnia di una leggenda vivente della chitarra, Terje Rypdal. Non era la prima volta che quest’ultimo collaborava con la band o con il tastierista e deus ex machina Ståle Storløkken (anzi con quest’ultimo ha legami professionali di lunga data), ma in questa occasione c’era la possibilità di registrare lo spettacolo con un’adeguata attrezzatura multitraccia e oggi, a distanza di qualche anno, possiamo ascoltare l’infuocata esibizione. In scaletta si susseguono una serie di brani tratti da vari album del gruppo, ma l’interazione tra i musicisti li portano ad assumere linfa totalmente nuova. Due entità di epoche diverse, con percorsi diversi, eppure affiatate, con quella voglia di sperimentare e guardare avanti che da sempre le contraddistingue, si sono ritrovate sul palco per fondere le loro esperienze e condividerle con un pubblico fortunato ad essere presente. Le composizioni originarie si trasformano in basi per viaggiare insieme in libertà, senza soluzione di continuità, proponendo umori psichedelici, jazz, prog, cosmici. La musica è avvolgente e indecifrabile, non si sa mai dove gli esecutori vogliono andare a parare. Tra atmosfere ambient, flussi continui che rimandano al Davis elettrico di “On the corner” e “Dark Magus”, cavalcate impetuose da jam-band di una potenza quasi selvaggia (provare “John Tinnick” per credere), reiterazioni, inaspettate oasi melodiche, durante l’ascolto bisogna stare sempre sul chi va là, per non lasciarsi cogliere alla sprovvista. Il tutto alternando suoni acidi carichi di effetti con quelli più rassicuranti di organo Hammond e di mellotron, mentre Rypdal segue a ruota, a volte adeguandosi tra asprezze, dissonanze ed estraendo timbri quasi violinistici, altre volte facendo da contrappunto con note lunghe o con sorprendente e languido romanticismo, evidente soprattutto, ma non solo, nei ventidue minuti di “I cover the mountain top”, che apre il disco. Man mano che l’ascolto prosegue impressionano la tensione e l’energia trasmesse dai musicisti, si nota come i pezzi proposti si trasfigurino e si prolunghino e risulta chiaro che gli Elephant9 e Rypdal non puntano su virtuosismi (anche se hanno tutte le carte in regola per ottenere buoni risultati anche così), preferendo coinvolgere con un trasporto viscerale tramite le soluzioni descritte. Disco, quindi, ad altissimo tasso di adrenalina, da ascoltare ad alto volume, che celebra ottimamente la collaborazione tra gli artisti che ne sono protagonisti e che offre un’istantanea di una serata ricca di musica in forma libera che va oltre i confini di genere.

 

Peppe Di Spirito

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