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PARALLEL OR 90 DEGREES More exotic ways to die Cyclops 2002 UK

Gli inglesi Parallel Or 90 Degrees sono una band obliqua e fortunatamente lontana dai consueti schemi, che si mantiene sul filo del rasoio fra certo crossover e un prog d'avanguardia che può anche riallacciarsi ai King Crimson sul piano concettuale, ma non sempre su quello sonoro. Le sette parti in cui è suddivisa la title-track presentano infatti una pregevole multiformità di umori e di intenti, fra i quali sembra comunque prevalere una sostanza vivace e molto rock. In "Impaled on railing", minacciosa fin dal titolo, l'ottimo basso di Ken Senior e l'Hammond duettano con vigore, e quando il tutto pare placarsi si riparte con ancora maggior furia. C'è anche il mellotron, ma inserito in un contesto sconvolto dalla chitarra ipersatura di Dan Watts. I medesimi strumenti menano le danze (e i fendenti) in "A man of thin air": pure qui si alternano frammenti melodici a squarci molto rabbiosi, mentre l'inizio etereo/psichedelico di "Embalmed in acid" (altro titolo che non fa complimenti...) lascia poi spazio ad una propensione melodica che è figlia del romantic prog inglese e degli stessi Crimson. Tale traccia ha un sapore più antico delle precedenti; tutto il contrario di "The Heavy Metal Guillotine approach", la quale sembra giocare con un hard cupo e rarefatto di marca Hawkwind, ma ben presto deborda in un post-grunge condito da noise e da campionamenti ultratecnologici. "Drum one" parrebbe quasi un pezzo techno da discoteca, ed evidentemente ai nostri inglesi piace scherzare con la musica e le sue molteplici possibilità espressive, come conferma "The one that sounds like Tangerine Dream", eloquente fin dalla denominazione. "A body in free dirt" è un po' la summa della suite, alternando distensioni pianistiche a hardizzazioni di vario tipo, mentre Hammond, moog e mellotron fanno sentire la loro accattivante voce. La prima traccia che troviamo dopo la suite è la breve "The dream", sognante (appunto) e tuttavia dall'impronta quasi stoner, che prelude al tonitruante dark-metal di "Petroleum addicts", nei cui undici minuti ci vengono pure offerte dilatazioni psych e ritmiche quasi wave anni '80: un pot-pourri sorprendente, però la band, oltre alla tecnica, ha dalla sua anche quell'ironia indispensabile per uscire vittoriosa dalle impegnative sfide che si prefigge.

Alquanto ampia ed interessante la sezione multimediale del dischetto ottico, che comprende più di venti pezzi retrospettivi, fra cui l'intero album "Running rings" (1989), oltre a una performance di otto minuti in video. Come dire tre CD al prezzo di uno: motivo in più per far vostro questo bel lavoro.

 

Francesco Fabbri

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