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Dei SITHONIA si rischiava davvero di perdere le tracce, tanto sembrava lontano il ricordo del loro ultimo vero album ("Spettacolo Annullato", 1992), che "Folla di passaggio", il tutto sommato inutile live del '94 aveva contribuito non a riaccendere, bensì ad offuscare ulteriormente. Eppure "S.A" era un ottimo lavoro, che conteneva tra l'altro una gemma come la suite "La Recita del Silenzio", con la quale il gruppo imboccava la strada migliore per l'attualizzazione degli insegnamenti del vecchio prog italiano. La paura era che la timida accoglienza riservata ad un disco di tale valore, assieme alla relativa inattività, avesse finito con l'inaridire la vena del gruppo bolognese, per il quale quest'occasione rappresentava quindi una sorta di prova del nove.
Non stiamo a chiederci se l'abbiano superata o meno, anche perché probabilmente non sapremmo neanche noi cosa rispondere; quel che è certo è che questo "Confine" è l'album della maturità acquisita, l'album di un gruppo che vuoi consapevolmente portare il rock progressivo al di fuori della dimensione strettamente musicale, che lo ha quasi sempre contraddistinto, per usarlo anche come mezzo di comunicazione. La componente testuale assume quindi un ruolo di primo piano, anche se non preponderante rispetto a quella strumentale che rimane pur sempre essenziale, sia come supporto alle liriche, sia quando assume identità autonoma; certo che le storie narrate dalla voce di Marco Giovannini (con la giusta dose di ermeticità che distingue il testo buono da quello banale) finiscono talvolta col renderla quasi esuberante, specie nei momenti di maggiore malinconia. Forse è anche per questo che la musica dei SITHONIA, pur traendo evidente ispirazione dai maestri del vecchio progressivo italiano (Banco e Locanda delle Fate in primis, questi ultimi per la loro dimensione di "canzone"), dà l'impressione di essere al passo con i tempi; il che non significa necessariamente commerciale, quanto piuttosto in grado di raccogliere consensi anche fra chi non è nato musicalmente nei '70.
Siamo ancora in dubbio se questo CD sia da consigliare o meno; quel che è certo è che comunque si tratta di un disco maturo ed intelligente, e da questo punto di vista superiore a molti prog-albums oggi in circolazione. Forse è un passo indietro rispetto a "S.A." sotto l'aspetto strettamente musicale... per non parlare poi di quello visivo, con una copertina la cui bruttezza è seconda soltanto a quella di "Folla di passaggio".
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