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Quando ci si trova davanti un lavoro che ha in uno strumento solista il punto focale, si ha sempre il pericolo di incappare o in ipertecnicismi masturbatori o in soliloqui sonori fini a se stessi. Fortunatamente, con questo Tempi Migliori di Salvo Lazzara, che dopo un’importante carriera con i Germinale è al suo secondo lavoro con questo progetto “Pensiero Nomade”, non si corre questo rischio.
Attraverso le corde della sua chitarra Salvo riesce a farci entrare in un caleidoscopio sonoro che ci riporta echi di mondi lontani senza per questo sfociare mai nella musica etnica o nella new age più tradizionale. Certo, l’influenza delle sonorità “alla Windham Hill” è in ogni caso molto presente e nel catalogo dell’etichetta statunitense un titolo come questo non stonerebbe di certo vicino alle cose di un William Ackerman, un Sean Harkness o un Michael Hedges.
L’uso di accordature aperte da parte di Lazzara rende lo sviluppo armonico molto più ricco di colori e sfumature, grazie anche alle scelte più varie che si possono fare rispetto ad un’accordatura classica. Il tutto fa risaltare, anche nei passaggi più semplici, la classe e la maturità chitarristica di Salvo (aspetto che dovrebbe essere preso ad esempio da molti chitarristi che prediligono l’impatto sonoro o il virtuosismo e non curano la cornice nella quale la frase sonora concepita viene posta).
Le 16 tracce, tutte strumentali, vengono arricchite dagli importanti contributi di Alessandro Toniolo al flauto in “L’incanto” e “Aspettiamo domani” e di Davide Guidoni in “Cielo d’estate”, ”la polvere e l’aria” e “Benvenuta, donna mia”, brano dove troviamo nuovamente l’apporto del flautista.
Un disco acustico molto rilassante, che ti concilia col mondo che ti circonda, dove tutti i brani lasciano piacevoli sensazioni anche a chi non è appassionato delle sei corde. Se dovessi scegliere un brano su tutti, la mia scelta cadrebbe sui sei minuti di “due piedi nudi”, che pur essendo il classico brano per acustica è strutturato su una melodia molto accattivante che ti richiama il miglior Steve Hackett e la migliore tradizione chitarristica. Da menzionare anche “Benvenuta donna mia” dove l’apporto contemporaneo di flauto e batteria non spezza la linearità del disco assumendo solo la funzione di riempitivo sonoro, ma si fonde alla perfezione con l’atmosfera che il Lazzara vuole creare.
Il progetto “Pensiero Nomade” anche senza le luci della ribalta e senza l’attenzione che un certo tipo di musica comunque ha nel mondo della chitarra (esempio, questo, lampante che spiega benissimo il fatto che se si fa uscire un disco per un’etichetta specializzata nel progressive non è per forza che devi rivolgerti a questo mondo per ottenere i giusti consensi sperati), produce ancora una volta un disco ricco di spunti sonori interessanti, suggerimenti trasversali che forse potrebbero essere apprezzati in maniera migliore fuori del mondo canonico del progressive.
Bella conferma.
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