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Solo 36 minuti per il nuovo album dei Nexus, ma che musica. Che musica! Con l’avvento e il boom dei compact disc negli anni ’90 gli ascoltatori si erano abituati ad album di lunga durata e ci si è quasi dimenticati che molti dei capolavori dei seventies ancora oggi osannati viaggiavano su minutaggi non dissimili a quelli di “Insania”. Con questo non vogliamo paragonare questo disco a pietre miliari, ma solo far ricordare che anche oggi un prodotto più conciso immesso sul mercato può regalare belle emozioni. Dal 1999 e dall’esordio di “Detras del umbral”, gli argentini Nexus hanno sempre viaggiato su standard qualitativi elevati, orientandosi su un progressive rock di forte stampo sinfonico. L’innesto in pianta stabile nel gruppo di Roxy Truccolo, brava bassista e cantante e già collaboratrice in passato, sembra aver immesso nuova linfa vitale che ha giovato al nuovo parto di una formazione per il resto consolidata, con le due menti Lalo Huber (tastiere) e Carlos Lucena (chitarre) ancora a guidare e con il batterista Luis Nakamura sempre lì a dare il suo contributo fondamentale. L’artwork dark fantasy è già una bella presentazione e dà qualche piccolo indizio sul sound che andremo ad ascoltare che, pur mantenendo intatta l’esplosività sinfonica, fa emergere di tanto in tanto delle atmosfere un po’ gotiche. Otto i brani presenti, quattro strumentali e quattro cantati. Minutaggi delle singole canzoni più contenute rispetto a quanto eravamo abituati, ma classe immutata. L’apertura è affidata a “Descenso a las tinieblas”, introduzione perfetta con le tastiere subito in gran spolvero con un tema reiterato per oltre due minuti supportato da riff graffianti di chitarra e da ritmi solidi. La title-track spinge forte verso le influenze emersoniane che da sempre accompagnano Huber e soci, ma in questo caso quelle tinte oscure cui abbiamo fatto cenno fanno venire in mente anche le migliori Ars Nova. Seguono poi le quattro composizioni impreziosite dalla voce della Truccolo e qui vengono a galla più che mai quegli abilissimi equilibri che i Nexus hanno sempre trovato con la loro musica. La forte spinta sinfonica erede di Keith Emerson va ad unirsi magicamente al romanticismo e al gusto melodico dei Genesis, con un’ulteriore nota di merito data dall’impronta latina derivante da parti vocali in madrelingua. L’equilibrio perfetto si ritrova anche con gli interscambi tra tastiere e chitarre, con l’unione di tecnica e feeling e con timbri che abbracciano sia il passato che il presente del prog, con le cascate di mellotron, il pianoforte classicheggiante e le influenze di Steve Hackett per la sei corde pronte a mescolarsi a sonorità più moderne. Le tracce “La nuova alianza” e “Iluminacion” portano l’album a termine mostrando la totale coesione dei musicisti e il loro talento tra cambi di tempo e di atmosfera, intrecci strumentali magistrali, soluzioni solistiche incantevoli e cenni di new prog. Poco altro da aggiungere, se non ribadire che ad ogni album i Nexus non fanno altro che confermarsi tra i migliori esponenti del prog sinfonico degli ultimi cinque lustri.
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