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Gli ungheresi Djabe sono attivi da diversi anni ed hanno realizzato già alcuni album molto apprezzati in patria, che hanno ottenuto ampi riconoscimenti, tra i quali si segnalano due premi come "Miglior disco ungherese di world music dell'anno" per i dischi "Witchi Tai To" e "Update". Questo nuovo lavoro cerca un'unione tra musica e pittura ed è un omaggio all'artista ungherese Imre Egerhazi, deceduto nel 2001 e padre di uno dei membri fondatori del gruppo, Attila Egerhazi. Nella bella confezione cartonata è infatti presente un ricco libretto nel quale, oltre a svariate note, ci sono 14 quadri del pittore scomparso, uno per ogni traccia del cd. In pratica ogni brano può essere visto come una descrizione sonora del relativo dipinto. Per tale descrizione, gli Djabe si esibiscono in una indovinata miscela di musica etnica, jazz, rimandi alla tradizione del proprio paese e rock progressivo. L'ampia formazione di sei elementi e la presenza di diversi ospiti, permette un sound molto ricco, orientato soprattutto verso una direzione acustica in cui emergono chitarra, violino, flicorno, pianoforte ed un nutrito numero di percussioni etniche. A questa struttura si aggiungono una base ritmica solida, la creazione di eleganti sfondi tastieristici e la presenza, in alcuni brani, di soavi e decisi vocalizzi femminili. Tra gli ospiti segnaliamo anche il sassofonista Ben Castle e persino il grande Steve Hackett che si esibisce sia con la chitarra acustica che con quella elettrica nella traccia "Reflections of Thiérache". Questo validissimo disco, tutto da scoprire e da ascoltare in continuazione, che fa della contaminazione e della varietà timbrica i suoi punti di forza, è senza dubbio una delle più piacevoli sorprese che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi.
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