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Dal tepore del Mediterraneo al freddo artico della Norvegia… Dopo le esperienze in Sardegna che hanno fruttato due album, gli ungheresi Djabe e Steve Hackett si sono ritrovati in due giornate invernali di gennaio a Bodø per un festival jazz e hanno pensato bene di passare i momenti liberi per registrare un nuovo disco. Alcuni musicisti si sono presentati con idee già abbozzate e poi sviluppate meglio nell’occasione, altre cose sono nate dall’improvvisazione e dal feeling tra di loro. Nonostante gli scenari diversi e l’ispirazione derivante stavolta dal mare del Nord Europa tra vento e neve, la musica sembra andare in perfetta continuità con i precedenti episodi. A quanto pare c’è una connessione naturale tra la band e lo storico chitarrista inglese, che in ogni occasione, come una magia, fanno scattare una sintonia totale. Anche in “Freya” (titolo scelto prendendo spunto da una delle più importanti divinità norrene), quindi, troviamo musica di grande qualità e possiamo tranquillamente dire che anche queste jam hanno fruttato un album molto bello, contenente cinquantacinque minuti di musica inedita. Il disco inizia con “In the silence” che ci fa immergere pienamente a quanto ci avevano abituato Djabe e Hackett con le loro precedenti collaborazioni. Eccoci quindi subito di fronte ad un jazz-rock rilassato ed raffinato, capace di ammaliare anche con melodie di presa immediata. Salta subito all’orecchio l’eleganza delle esecuzioni, con chitarre, tastiere e fiati che si incrociano alla perfezione su ritmi compatti. La title-track ha un orientamento di base più fusion, ma le parti vocali sono più melodiche. A partire da “Stone age tes”, si prosegue con una serie di episodi strumentali che fanno avvicinare fusion e progressive rock, senza disdegnare quelle spinte di world music con temi accattivanti sempre presenti nella musica dei Djabe (“Whispers of the woods”), un andamento più compassato in “Sliding trees”, con tanto di assolo di armonica eseguito da Steve, o, ancora, un groove funky dettato dal basso in “The lost ship”. Conclusione affidata ai dieci minuti e mezzo di “A stormi s brewing”, fusion d’atmosfera e pregna di romanticismo, vagamente da ECM. Sarebbe forse inutile dirlo, ma in ogni brano sono perfettamente riconoscibili i solos di Hackett, sempre ispirati e perfettamente integrati nel contesto, con il solito tocco inconfondibile che regala emozioni. Concludiamo ricordando che anche “Freya” è accompagnato da un blu-ray che, oltre l’album con il mix 5.1 surround, contiene materiale bonus dal vivo sia audio che video, incluso un documentario.
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