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DJABE (Special guest Steve Hackett) In the footsteps of Attila and Genghis Gramy Records 2011 UNG

Torniamo ad occuparci degli ungheresi Djabe, che sfornano un altro doppio live meraviglioso, che mostra ancora una volta come questi musicisti si trovino a loro perfetto agio nella dimensione concertistica. Come sia possibile che di una band di tale caratura si parli così poco (almeno in Italia) resta per me un mistero! Eppure già solo la forte “sponsorizzazione” di Steve Hackett dovrebbe essere una garanzia più che sufficiente per spingere gli appassionati a conoscere gli Djabe. L’amato chitarrista ex Genesis è spesso ospite nei loro dischi e nelle loro performance dal vivo e in questo “In the footsteps of Attila and Genghis” la sua presenza è ben evidente, anche grazie all’esecuzione di capolavori indimenticabili e finemente riarrangiati come “Firth of Fifth” (nella parte strumentale con il celebre assolo), “In that quiet Earth”, “The steppes” e della più recente “Last train to Istanbul”. L’album è stato registrato in occasione di alcune esibizioni risalenti all’agosto del 2010, quando la band, insieme ad Hackett, ha partecipato ad alcuni festival estivi nell’Europa Orientale, viaggiando dalla Russia all’Ungheria, fino a toccare anche Bulgaria, Serbia e Macedonia, come testimoniato anche dallo stesso chitarrista nelle note di copertina. I musicisti si esibiscono in un repertorio estremamente affascinante, che mostra, come sempre, un processo di contaminazione riuscito alla grande, con jazz, tradizione balcanica, rock e world music che si miscelano facendo venir fuori una proposta splendida. La musica è prevalentemente strumentale e l’alternarsi e l’intrecciarsi di chitarre elettriche e tastiere con trombe e violini è una delle caratteristiche che rende imprevedibile e attraente le esecuzioni degli Djabe. Diventa così facile notare l’estrema naturalezza con cui si toccano stili diversi all’interno anche di una stessa composizione. Prendiamo, tanto per fare un esempio, “Dark soup”: nei suoi quasi otto minuti il violino spinge verso il folk mitteleuropeo, ma non si notano sfasamenti quando i cambi di ritmo e la chitarra orientano il tutto verso il rock, oppure quando il piano offre intriganti divagazioni jazzistiche. O anche “City of Habi”, dove la chitarra di Steve e il violino di Ferenc Kovács si alternano alla guida o si intrecciano in solos infuocati. Si potrebbero citare altre composizioni molto trascinanti, in cui Hackett regala magie su magie, come “Clouds dance” (che offre anche intriganti atmosfere di fusion à la Pat Metheny Group) o “Butterfly” (quest’ultima introdotta, tra l’altro, da una melodia di basso che riprende il tema di “The steppes”), ma in sostanza non ci sono momenti deboli nel repertorio presentato. Il gruppo è capace anche di lanciarsi in improvvisazioni trascinanti e mai banali, senza ostentare presunzione e senza cercare acrobazie, ma puntando semplicemente sulla loro voglia di divertirsi e di proporre musica di qualità. Curiosa, in particolare, l’esecuzione di un pezzo improvvisato con l’angklung, strumento a percussione della tradizione indonesiana. Solitamente inseriti in contesti e manifestazioni dedicate al jazz o alla world music, i Djabe sono una band che può anche essere considerata a tutti gli effetti progressive, proprio per le peculiarità appena descritte e sono sicuro che può entrare facilmente nel cuore di numerosi appassionati. “In the footsteps of Attila and Genghis” contiene quindici tracce (e Steve è presente su dodici, offrendo l’ennesimo saggio di bravura con quegli assoli e ricami di cui è capace), quasi due ore di grande musica e grande coinvolgimento. Il tutto presentato in una bella confezione digipack apribile in tre parti. E non è finita qui! Inserendo i cd nel lettore del computer è possibile anche ammirare dei video registrati in un concerto del 2008 in Malaysia e in uno del 2010 in Serbia, che permettono di ammirare ancora di più la classe della band (tra le varie cose, segnaliamo un’altra improvvisazione con l’angklung suonato da tutti i musicisti, Steve compreso, e da una ragazza pescata tra il pubblico ed anche una piacevolissima stravaganza blues). Cos’altro aggiungere? Se già avete incrociato e apprezzato gli Djabe, con questo live andrete sicuramente incontro ad un altro ascolto esaltante, se invece ancora non li conoscete rappresenta una delle tante buone occasioni per andare alla scoperta di un grandissimo gruppo.



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Peppe Di Spirito

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