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Quest'album meriterebbe ben più delle poche righe che andrò a dedicargli. A distanza di alcuni anni ritorna Andy Latimer col suo progetto solistico chiamato Camel, per il quale riunisce ancora una cerchia di collaboratori vecchi e nuovi (segnaliamo Colin Bass al basso, Ton Scherpenzel – ex Kayak – alle tastiere e David Paton che dà un piccolo contributo vocale).
La struttura di "Dust and dreams" è quella del concept album, con 16 titoli quasi tutti legati l'uno all'altro; la storia parla di emigranti, delle loro situazioni, dei loro sogni, delle delusioni, con la descrizione di ciò affidata più alla musica che alle parole (4 soli i pezzi cantati). Come accennavo nella prima frase, il risultato è a parer mio eccellente, da far annoverare l'album tra i migliori usciti nell'anno. Musicalmente siamo molto vicini alle produzioni di inizio anni '80 ("Nude", "Stationary traveller"); difficilmente si arriva ad una ritmica up-tempo, mentre per tutta la lunghezza dell'opera la musica scorre via incedendo spesso solennemente , con in bella evidenza la chitarra di Andy (cui davvero manca… la parola), spesso seguendo i dettami della new-age, senza però arrivarvi mai, in intervalli più meditativi. Non si pensi che si tratti di un'opera prettamente chitarristica: basterebbe guardare la ricchezza della strumentazione adoperata in alcuni brani ("Needles"): oboe, armonica, corno, o ancora il grande spazio riservato a piano e tastiere, nell'economia di un disco che "possiede ancora la fragile grazia, la divina ispirazione melodica, la bellezza strumentale dei suoi predecessori" (da Harmonie n. 16).
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