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Se il precedente album, "Kallocain", ormai risalente a un paio di anni prima, prestava il fianco a interrogativi circa l'integrità artistica della band, l'effettivo valore della loro musica, l'asservimento alle logiche di mercato, questo nuovo lavoro in studio non lascia dubbi né speranze: i Paatos hanno finito con l'appiattire definitivamente la loro musica che, pur conservando suoni affascinanti e magnetici ed uno stile elegante, impreziosito come al solito dalla bella voce di Petronella, ci viene propinata in una forma estremamente semplificata e banalizzata. Tutto quello che possiamo ascoltare è un pugno di malinconiche ballad pop/psichedeliche dal retrogusto gotico e dal sapore romantico e sensuale. Le linee vocali sono l'elemento focale delle composizioni e gli strumenti, le solite tastiere vintage di Johan Wallen (con tanto di Mellotron), la chitarra Floydiana di Peter Nylander, il basso di Stefan Dimle e la batteria di Ricard Nettermalm sono soltanto un contorno sfocato ed opaco. Il risultato finale è che le varie tracce finiscono col somigliarsi un po' troppo e scivolano via senza impressionare più di tanto. In alcuni casi la caduta di stile è vertiginosa, come nella radiofonica e scontatissima "There will be no miracles": un titolo, una promessa mantenuta! A suggellare questa raccolta di insipide composizioni l'elegante copertina di Hans Arnold (che ha lavorato fra gli altri con gli ABBA). Non si tratta in sostanza di un brutto album, del resto questi musicisti hanno classe da vendere… o in questo caso si potrebbe dire benissimo da svendere!
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