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"Bilbo" conferma le intenzioni confidate da Pär Lindh durante l'intervista pubblicata in precedenza da Arlequins; disse che avrebbe cercato di proporre album l'uno differente dall'altro così da dare all'ascoltatore un piacevole shock ad ogni acquisto. Ciascuno giudicherà per conto proprio se la sorpresa risulta a lui piacevole o meno, ciò che è certo è che il nuovo materiale è concepito in maniera profondamente differente rispetto a Gothic Impressions... e malgrado questo, l'opera mantiene invariato l'altissimo livello qualitativo che contraddistingueva l'esordio. Era forse da immaginare che le sognanti vicende dell'Hobbit di Tolkien non avrebbero potuto trovare coniugazione nelle atmosfere pregnanti e maestose di Gothic Impressions, ma era allo stesso tempo impossibile prevedere che una materia tanto sfruttata da produzioni progressive come la letteratura fantasy sarebbe suonata cosi nuova ed avrebbe dato l'opportunità di proporre una musica di così alto spessore, così profonda, tutt'altro che puerile. Anziché tendere a creare atmosfere profonde e cupe che scuotono l'ascoltatore per la loro forza d'impatto, Bìlbo propone armonie evocative e solari, in grado di catapultare all'interno delle vicende forgiate da Tolkien. I differenti momenti vengono dipinti da scanzonate filastrocche, da eterei svolgimenti di strumenti acustici, dalle roboanti aperture delle tastiere di Pär Lindh o dai riffs senza fine della chitarra di Björn Johansson. E' infatti da notare come il nuovo lavoro non sia a nome Pär Lindh Project, bensì sia attribuito al duo Lindh-Johansson. Questo non pare frenare la verve del virtuoso tastierista che non dà vita ad un maestoso assolo come avveniva in Gothic Impressions, ma cerca nelle chitarre un appiglio al quale fare riferimento per distendere grandiosi tappeti in gorgogliante movimento che solo apparentemente fungono da supporto alle sei corde e trova in queste lo spunto per lanciarsi negli incontenibili svolgimenti dei quali è maestro. Per concludere due note tecniche: Pär Lindh suona, oltre che a tonnellate di tastiere, anche batteria e percussioni mentre il cantato è affidato alla dolce voce di Magdalena Hagberg già sentita (...è una lady) sullo scorso lavoro.
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