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ISILDURS BANE Off the radar Ataraxia Productions SVE 2017

Dopo tanti (troppi) anni di silenzio, il 2017 segna il grande ritorno degli Isildurs Bane, dapprima con un album in collaborazione con Steve Hogarth e poi con un altro lavoro interamente a nome loro. Se già la prova con il cantante dei Marillion aveva acceso un certo entusiasmo, ecco che “Off the radar” rincara ulteriormente la dose. Da sempre, questa straordinaria band svedese ci ha abituato a dei cambiamenti di pelle ed a regalarci sorprese solitamente positive. Per descriverla siamo spinti ad utilizzare un termine di cui si è abusato un po’ troppo negli ultimi anni: eclettica. Ma nel miglior senso che si possa dare, perché andiamo a intendere che c'è una certa varietà di territori musicali esplorati in dischi diversi e non un’accozzaglia di influenze senza capo né coda all’interno di uno stesso lavoro. C'è l'album in cui gli Isildurs Bane si orientano verso il rock sinfonico, c'è quello jazz-rock, quello più sperimentale, quello più pop raffinato e così via, al punto che non si sa mai cosa aspettarsi di preciso da un nuovo parto discografico. “Off the radar” è un nuovo tassello importante nel percorso sonoro della band. Potremmo dire che si parte dall'universo sinfonico di “The voyage” per poi acquisire maggiore potenza e che sono poi introdotti elementi di elettronica inseriti alla perfezione in questo contesto. In effetti, se questo disco si fosse chiamato “Mind vol. 6” non ci sarebbe stato nulla di sbagliato. Le varie fasi del percorso a nome “Mind” avevano visto passaggi continui da una meta all'altra, con obiettivi diversi, con sfaccettature diverse, anche con sonorità e protagonisti diversi, al punto che da un certo momento in poi si può parlare di ensemble aperto, che vede ruotare di volta in volta nuovi personaggi intorno ad un nucleo storico di base. Tra cambi di formazione e la presenza di musicisti dalla spiccata personalità, gli Isildurs Bane hanno lasciato una traccia importante nella storia del prog, soprattutto in quella a cavallo tra la fine degli anni ’90 e la decade successiva. E, a quanto pare, non hanno intenzione di smettere, come dimostra chiaramente questo album.
Cos'ha di particolare “Off the radar”? Cosa lo rende un altro passo speciale nella discografia della band? Al solito conta l'insieme. Una coesione fortissima, composizioni ispirate, che, grazie anche al talento dei musicisti coinvolti riescono ad abbinare un prog sinfonico molto personale, ad elementi di natura zappiana e a quel nuovo innesto costituito dall'elettronica. Importante per quest’ultimo aspetto la presenza di Katrine Amsler, nuovo innesto alle tastiere che sembra aver apportato nuova linfa vitale al quadro timbrico. Impressionante, come spesso accade nei dischi del gruppo (ma anche nei loro concerti), l’aspetto percussivo: all'abilità di Kjell Sverinsson (batteria), Xerxes Andren (batteria), Klas Assarsson (marimba, vibrafono, glockenspiel, ecc.) e Axel Croné (basso) e di altri batteristi e percussionisti (spicca anche il nome di Pat Mastellotto in tre tracce) si uniscono ritmi elettronici che risultano tutt'altro che fuori luogo; anzi, non fanno che alimentare ulteriormente un motore potentissimo che spinge la macchina Isildurs Bane verso scenari tecnici, tecnologici, travolgenti e parzialmente inaspettati. Al solito la mente che è dietro tutte le composizioni è quella del tastierista Mats Johansson, musicista di cui forse non si parla abbastanza. Per l’ennesima volta confeziona una serie di brani di enorme spessore, imprevedibili nei loro sbalzi di tempo e nei contrasti elettrici/elettronici/acustici, in grado di essere impetuosi, misteriosi ed eleganti, nello stesso momento o in fasi diverse. L’iniziale “Drive part 1-3” e i dieci minuti di “Xenolith” rappresentano le punte di diamante di un disco che ad ogni modo non presenta cadute di tono e che può ambire ai piani altissimi di una discografia già di livello elevatissimo. Una discografia che forse, per gusti, può non piacere a tutti, ma riteniamo non si possa negare che la band svedese abbia toccato spesso vertici qualitativi che la stragrande maggioranza degli artisti prog post seventies possono soltanto sognare.
Si segnala anche la presenza di una bonus track, “Uvertyr / Open”, registrata dal vivo nel 2016, in cui in realtà è protagonista il solo Christian Saggese, chitarrista italiano che da diversi anni (in pratica da quando con il Metamorfosi Trio collaborò alla realizzazione di “Mind vol. 3”) è legato al gruppo. Gli Isildurs Bane ci hanno deliziati nel 2017, speriamo per loro (ma anche per noi) che questa ritrovata e rinnovata attività sia di stimolo a non far passare troppo tempo prima della prossima incisione.



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Peppe Di Spirito

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