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John Wetton, nome che a molti, istintivamente, rievoca l’incarnazione più dura dei King Crimson durante gli anni ’70; ad altri, invece, porta subito a pensare alla svolta commerciale intrapresa con gli Asia, assieme a Geoff Downes e ad altri illustri nomi prog come Steve Howe e Carl Palmer. In realtà c’è anche altro. Da citare, senza alcuna remora, l’unico album omonimo dei Mogul Thrash (1971), lavoro tra il jazz-rock ed un hard rock progressivo dalla poderosa sezione fiati, in cui il basso del giovane Wetton era ben in evidenza, impreziosendo con i suoi virtuosismi la musica energica del cantante/chitarrista James Litherland, abbondantemente conosciuto nei Colosseum. E poi l’avventura nei più famosi Family, su “Fearless” (1971) e “Bandstand” (1972). Ma l’esplosione definitiva arriva con il già citato approdo alla corte del Re Cremisi, cioè del vecchio amico Robert Fripp. Uno score veloce, vertiginoso ed inesorabile, da consegnare alla storia: “Larks' tongues in aspic” (1973), “Starless and bible black” e “Red” (1974), concludendo con “Live in USA” (1975). Grande uso del basso, voce potente, ottima anche per reinterpretare dal vivo pezzi cantati a suo tempo da un certo Greg Lake, ed un bel contributo pure in fase compositiva. Finita una parentesi che per Wetton pareva ideale, comincia la parabola commerciale con colleghi dai nomi altisonanti: prima gli U.K. assieme a Bill Brudford, Allan Holdworth ed Eddi Jobson; poi i succitati Asia. Tra i due momenti, comincia la fase solista. Ma occorre anche citare le puntate con Roxy Music e persino Wishbone Ash. Era doveroso fare questa carrellata nelle avventure vissute da John Wetton nel mondo del prog (ultimi due nomi citati esclusi, ovviamente). Sì, perché qua non ce n’è nemmeno l’ombra! Si tratta infatti della solita operazione che vuole giocare sul nome dell’artista e che batte tutti i canali mediatici che possano riguardare gli ambiti da lui vissuti nell’arco dell’intera carriera. E si sforna così questa doppia raccolta di ben trentadue pezzi complessivi, in cui si ascolta dal rock FM anni ’80 all’AOR dello stesso periodo. Non male come intrattenimento, ma i brani sono decisamente troppi anche per passare qualche momento spensierato. Timbriche sempre uguali, molto effettate ed echeggianti, ideali colonne sonore di quei film americani (rigorosamente patinati) di Serie C, che nelle emittenti private italiane andavano in onda dalle dieci e mezza di sera in poi. Colori lucidi, senza trama alcuna, tranne quella che vedeva il solito fusto anabolizzato in moto assieme alla biondona siliconata di turno, con le strade di S. Francisco alle spalle. Roba mielosa, apparente preludio a chissà quali scene di sesso… che puntualmente non arrivavano mai, tranne qualche immagine che andava e veniva senza far vedere assolutamente niente. Ebbene, qua succede la stessa identica cosa. Che nei vari titoli compaiano nomi del calibro dello stesso Robert Fripp, Martin Barre, Steve Lukather, Michael Landau o Steve Morse non ha alcuna importanza: alle sei corde ci sarebbe potuto essere chiunque ed il risultato sarebbe stato esattamente lo stesso (fatta eccezione, forse, solo per Morse). Dicendo che l’album “Sinister” (2001) sembra quello maggiormente sfruttato, le canzoni estrapolate dai primi due lavori "Caught in the crossfire" (1980) e “Battle lines” (1994) sembrano le migliori. Anche se a dire il vero un pezzo da citare ci sarebbe: “Real world” preso proprio da “Sinister” e posto a chiusura del primo dischetto, che vede Wetton cantare e suonare l’acustica a dodici corde, mentre una sobria armonica viene suonata a sorpresa da Steve Hackett. Una composizione dalla forma essenziale, con una sua poetica, che grazie alla semplicità e alla bella voce del protagonista si distingue dall’abbondante marmellata generale. Ci saranno sicuramente diversi fans che faranno propria questa raccolta; del resto, se così non fosse, non si spiegherebbe l’enorme successo commerciale avuto da Wetton proprio in questo segmento del Rock. Tutti gli altri passino però a comprare l’insulina. Il rischio di coma glicemico è molto alto, anche se qua e là si potrà sentire qualche pezzo che andava per la maggiore durante le feste da struscio di qualche anno fa.
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