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Anche coloro che stentano ad inserire gli Asia nel novero dei gruppi Prog, o assimilati, concordano che i primi due storici lavori di questo ex supergruppo fossero di una spanna al di sopra del materiale successivo e, in assoluto, non disprezzabili. Il tempo e le varie vicissitudini hanno via via portato i vari componenti originari ad essere rimpiazzati; i due che all'epoca erano i più attivi ed i più coinvolti erano proprio Wetton e Downes, proprio coloro che maggiormente contribuirono a sancire il marchio di fabbrica tipico degli Asia. Oggi i due decidono di dar nuova vita a quel progetto che, gioco forza, non può riprendere il vecchio moniker. La musica tuttavia è inconfondibilmente improntata ad un recupero del vecchio spirito degli Asia. "Icon" si presenta dunque come una collezione di 10 nuove canzoni che sembrano provenire direttamente dai primi anni '80, recuperando il pomp rock brillante e carico di melodie orecchiabili già note e che non hanno mai abbandonato il DNA dei due artisti. Ad accompagnare i due ci sono i soliti John Mitchell e Steve Christey, relegati tuttavia a ruoli abbastanza in secondo piano, sebbene qualche guitar solo ogni tanto ci ricordi che il chitarrista degli Arena tecnicamente non sia proprio una capra. L'album non è una copia dei primi due Asia; semmai risulta quello che questi due avrebbero dovuto essere se Wetton avesse potuto avere una ancor maggiore voce in capitolo: pochi episodi scoppiettanti e molta melodia, brani morbidi e carezzevoli, tante potenziali hit da accendino. Nulla in definitiva che possa concorrere a miglior album Prog dell'anno, ma una buona prova per gli appassionati del genere.
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