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Il palinsesto della televisione francese è sempre ricco e variegato; ci sono trasmissioni d’intrattenimento, c'è l'informazione, lo sport, la cultura, i documentari, gli approfondimenti (tanti) e poi i film di tutti i tipi: vecchi e nuovi, classici e sperimentali, gli horror e quelli di fantascienza. Mancano i talent show, ma non è un male, dato che di certo non manca il talento. Il direttore della rete è sempre Mike Sary, che dal 1983 porta avanti un discorso musicale che è riduttivo definire complesso. A sei anni di distanza dal precedente "I forgive you for all my happines" e a diciassette da quello che è considerato come il loro picco musicale, "The violence of amateurs", questo album torna a proporre l’indefinibile calderone musicale che ha reso i French TV una delle band più folli attualmente in attività. Le definizioni di RIO e avant personalmente mi lasciano abbastanza freddo. In realtà, mai come in questo caso, il voler inserire i French TV in un unico genere è un tentativo maldestro, per cui conviene ricorrere al vecchio trucco del recensore di citare più generi possibili: canterbury, fusion, jazz, rock, metal, funk, avantgarde, art-rock, elettronica, e via lavorando di fantasia. La verità è che questa è una di quelle recensioni per qui mi trovo veramente in difficoltà. Sono in grado di apprezzare l'incredibile densità della musica, lo sforzo compositivo, gli arrangiamenti e l'organizzazione che traspare ascoltando il disco ma trovo difficile parlarne senza rischiare di essere, sul serio, banale. Devo quindi descrivere "Ambassadors of good health and clean living" come se mi rivolgessi ad un ipotetico lettore che non conosca affatto i French TV. I French TV, quindi, fanno musica strumentale molto complessa costruita sull'incastro perfetto di una miriade di frazioni musicali di vario tipo, in un'operazione sonora la cui logicità è in apparenza sfuggente. Nelle composizioni è abbastanza difficile riconoscere dei temi identificativi, di quelli che ti rimangono in mente, e in genere si inizia da una parte e si finisce da tutt'altra. Tecnicamente, si p uòdire che ci sono chitarre, tastiere e percussioni di tutti i tipi suonate nei modi più disparati, con perizia e precisione e molto spesso in maniera dissonante. Francamente, mi chiedo come facciano i musicisti a ricordarsi tutti i passaggi, gli stacchi e le variazioni senza perdersi. Non saprei indicare qualche traccia che spicchi rispetto alle altre, le mie preferite sono forse "Rocka-saggy-baby-bubba-shaggy-baba-boo" e "Gee, I wish we had one'a them doomsday machines", ma forse sono solo attirato dai titoli bizzarri. Per chi ha già affrontato in passato l'ascolto della musica di Mike Sary e ne è rimasto affascinato, posso dire che l'album è mediamente più abbordabile di certe cose del passato, meno zappiano ma non meno complesso e forse più freddo e organizzato. Il lavoro risale al 2016 ma è interessante notare come già l'anno successivo sia stato pubblicato un nuovo album che sono abbastanza curioso di ascoltare, almeno per fare un diretto paragone con il precedente. Per chiudere in maniera, ovviamente, banale, se vi piace la follia musicale o apprezzate già da tempo i French TV questo disco fa per voi, altrimenti lasciate perdere.
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