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Gli One Shot avevano già spiegato che James MacGaw era ed è insostituibile. Avevano proposto il live “À James”, celebrativo, bellissimo, dedicato al compagno scomparso nel 2021 e di cui ci siamo occupati sulle nostre pagine. Ed ora arriva il momento del nuovo disco in studio, con una line-up senza chitarra e con la presenza di due tastieristi, Emmanuel Borghi e Bruno Ruder, che affiancano la storica sezione ritmica formata dal bassista Philippe Bussonet e il batterista Daniel Jeand’heur. Inevitabilmente, si nota subito la differenza del sound tra “111” e i suoi predecessori, visto che viene meno, per l’occasione, quella spinta più heavy e tagliente dettata in passato dalla sei corde. Restiamo comunque al cospetto di un jazz-rock impetuoso, legato all’orbita zeuhl, interamente strumentale e suonato con l’eleganza e la maestria di musicisti mostruosi (ovviamente nel senso più positivo del termine). “Off the grid” apre l’album con nove minuti e mezzo di grande intensità, nei quali le due tastiere ricamano e si incrociano con raffinatezza e creano un’alchimia unica con l’accoppiata basso-batteria che macina ritmi zeuhl contribuendo a dare un alone dark al tutto. I nuovi One Shot sembrano così andare alla ricerca di giusti equilibri tra jazz elettrico e dinamico e applicazioni di quanto appreso dalle esperienze con i Magma (il solo Jeand’heur non è mai transitato nella band guidata da Vander, ma si è ritrovato in molti progetti affini nella sua carriera). Le composizioni seguenti mantengono questo indirizzo stilistico, dando una forte solidità a “111”, tra una “Mèrovèe” che viaggia a lungo su un groove ipnotico, mantenendo alta la tensione con un’atmosfera sinistra, una “Don’t ask me why” che fa intravedere influenze dei Soft Machine e dei Lifetime di Tony Williams, trattate e deviate a loro modo dai musicisti, fino ad arrivare a “Mustang”, firmata Bussonet, con il basso distorto in bella evidenza a rievocare i fasti magmatici di “Udu Wudu” e “Attahk” e con un bell’alternarsi di temi carichi di tensione e di spazi solistici magnifici eseguiti con la consueta perizia. In conclusione troviamo “Mustang coda”, un pezzo di tre minuti e mezzo più sperimentale, nel quale il basso diventa protagonista assoluto, riesce a creare un’atmosfera inquieta e minacciosa ed è accompagnato solo dal rumore della pioggia e dai colpi ossessivi dei piatti. Nel 2023 gli One Shot festeggiano i venticinque anni di attività e non potevano esserci celebrazioni migliori con “111”. Il gruppo si conferma straordinario e nonostante abbia perso una colonna portante, come una fenice è riuscito a rinascere dalle sue ceneri, lanciandosi verso un nuovo percorso che si discosta leggermente da quello seguito in precedenza, pur risultandone diretta continuazione. E in questa sua nuova vita, se vogliamo chiamarla così, non perde un briciolo della propria identità.
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