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“Slag Tanz” è una delle due composizioni che i Magma hanno iniziato a proporre dal vivo nel 2009. Se l’altra, “Felicité Thosz”, pubblicata poi ufficialmente nel 2012, ha mostrato quelle influenze legate al soul e al gospel che la rendevano ariosa e luminosa, mettendo in risalto certe caratteristiche dello zeuhl che non sempre vengono bene a galla, ecco che il nuovo minicd riporta il gruppo su territori decisamente più aspri. Già, perché “Slag Tanz” mostra i Magma più spigolosi e “cattivi”, riprendendo certe soffocanti soluzioni sonore tipiche di capolavori del calibro di “Mekanik destruktiw kommandoh” e “De futura”. Bastano i primi secondi del disco per capirlo, con le note ossessive di piano e di chitarra elettrica su ritmi secchi ed il canto tormentato di Hervé Aknin a condire il tutto. E’ solo l’inizio di un viaggio di una ventina di minuti in cui veniamo assaliti da tutta la potenza dello zeuhl, con ritmi insistenti, impasti vocali, variazioni improvvise e sorprendenti e tanto altro suddiviso in otto tracce. Una curiosità la si può notare nelle parti cantate, che rispetto al passato vedono, oltre al solito kobaiano, un uso del francese molto maggiore. Ovviamente la sezione ritmica detta le danze alla grande: la reiterazione dei tempi scanditi da basso e batteria è da sempre una delle caratteristiche basilari della musica dei Magma e ancora nel 2015 l’accoppiata Philippe Bussonet-Christian Vander mostra cosa è capace di fare. Anche in quelle rare aperture più melodiche i due strumenti fanno sì che ci sia quell’irrequietezza di fondo sempre ben presente e le basse frequenze rappresentano una minaccia costante. La sesta traccia “Zu Zain!” è esemplare: per tutta la sua durata (oltre due minuti) il giro di basso si mantiene sinistro e intimidatorio, mentre Vander dietro le pelli svaria con abilità e il vibrafono in lontananza non fa che mantenere alta la tensione; nemmeno l’entrata del coro di un’altra coppia rodata, quella formata da Stella Vander e Isabelle Feuillebois, ingentilisce le cose, anzi accresce ulteriormente questo senso di asfissia. Il finale “Wohldunt” è accomunabile ai momenti conclusivi delle precedenti opere “Emehntehtt-Re” e “Felicité Thosz”, con tempi lentissimi scanditi dal piano e quello che sembra un canto funebre. Siamo di fronte al volto più scuro dei Magma (anche la copertina completamente nera, in pratica, lo preannuncia), che stavolta puntano forte su una composizione di grande inquietudine. E’ l’altra faccia della medaglia rispetto a “Felicité Thosz”, non meno attraente, non meno rappresentativa di una mente che anche nel nuovo secolo continua a stupire. Certo, anche stavolta, come nelle due precedenti uscite discografiche (“Felicité Thosz” e “Riah Sahiltaak”) si tratta di un cd di brevissima durata e quando la qualità è così alta non si è mai sazi, si vorrebbe sempre di più. Vander prosegue comunque imperterrito il suo percorso e ci regala l’ennesima opera d’arte di una carriera lunga e prestigiosa. Attendiamo il prossimo colpo di genio, Maestro!
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