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THIEVES' KITCHEN |
Shibboleth |
autoprod. |
2003 |
UK |
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Non manca di certo la volontà di distinguersi attraverso la ricerca di uno stile personale al nostro quintetto anglosassone. "Shibboleth", la loro terza fatica in studio, è purtroppo offuscata da un lavoro di produzione che non ne esalta le virtù: il sound appare appiattito, la timbrica della batteria sorda, la voce affascinante di Amy Darby (new entry nel gruppo) sembra stagliarsi in secondo piano. Un album che manca di potenza ed è un vero peccato. La musica presenta delle pronunciate influenze fusion, in una maniera che fa pensare, stilisticamente, ai Finneus Gauge (talvolta ai Nathan Mahl) ma con meno estro e mordente. Lo stesso stile canoro di Amy ci riporta col pensiero al gruppo americano, anche se non vola mai in alto, evitando di osare. Come già hanno fatto in passato, i Thieves' Kitchen amano cimentarsi con brani di lungo minutaggio (ben 23 i minuti di "Choviliani Rise") che comunque non sono strutturati in suite e danno progressivamente un senso di stanchezza, senza mai stupire o divertire, annoiando un po' anche per effetto di momenti alquanto ripetitivi. E' in un certo senso come girovagare senza meta e senza scopo. Certamente si tratta di un gruppo che merita un certo interesse, ma che dovrebbe cercare di concretizzare le proprie idee e le proprie intuizioni in una maniera diversa. A mio giudizio proprio la track di apertura, sicuramente tra le più brevi (non a caso), riesce ad esprimere al meglio il potenziale della band. Non ci resta che aspettare ancora un po', perchè questo gruppo ha senz'altro delle promesse da mantenere.
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Jessica Attene
Collegamenti
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