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REUTER / BODDY Dervish DiN 2009 UK

Questo nuova collaborazione fra Ian Boddy ed il chitarrista Markus Reuter giunge in maniera piuttosto inaspettata e sorprendente: a distanza di dieci anni dal loro primo lavoro realizzato insieme, "Distant Rituals", questo terzo cd della coppia Boddy/Reuter allarga le ormai abituali trame electro-ambient della Din verso territori abbastanza inediti, siamo ai confini delle sonorità jazz più contemporanee e d'avanguardia, trasfigurate in maniera alquanto deviata e criptica dal gusto personale da Boddy & Reuter, un approccio stilistico probabilmente determinato anche dall'eccellente presenza in quattro brani di Pat Mastelotto, con cui Markus Reuter ha già inciso tre album sotto il monicker Tuner. A scanso di equivoci, l'impianto musicale di "Dervish" rimane comunque solidamente legato ad un estetica trance-ambient, con relative dilatazioni droniche ed atmosfere impalpabili e sottilmente psichedeliche; alla consueta base ambientale alla Robert Rich, si aggiunge ora una maggiore presenza della sezione ritmica insieme ad un approccio musicale più angolare ed austero, con diversi sprazzi di suggestioni etniche. L'iniziale title-track, "Dervish", con un bel basso campionato in evidenza, ricorda non poco certe atmosfere del Mick Karn solista periodo "Bestial Cluster" ed il successivo "Each Eye a Path", con una spinta in più verso soluzioni ed ipotesi di musica contemporanea grazie anche all'efficace introduzione di un quartetto d'archi. La chitarra di Markus Reuter arricchisce il sottile tessuto melodico con il caratteristico suono della touch guitar, uno stile allo stesso tempo mistico e nevrotico che tanto mi fa pensare al David Torn di capolavori come "Tripping Over God" e "What Means Solid, Traveller?"... La presenza di Pat Mastelotto può invece farci prevedibilmente pensare che le atmosfere enigmatiche (ed un tantino psicotiche) di questo cd siano pienamente accostabili ai recenti King Crimson più ostici, specialmente nel loro minaccioso exploit improvvisativo di "Thrakattak". Rispetto alle tenui e astratte tinte pastello del loro precedente disco, "Pure", Boddy e Reuter sono ora penetrati in una dimensione oscura, inquietante ed esoterica, intrisa di umori metafisici e trascendentali... ma ancora più che mai vicina ad un concetto di musica d'avanguardia e di ricerca che dovrebbe soddisfare i gusti dei nostri lettori di Arlequins...


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Giovanni Carta

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