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Dopo esser tornato nel 2016 con i Blind Ego a distanza di oltre sei anni, il chitarrista Kalle Wallner dei più noti RPWL sembra oggi aver trovato una line-up stabile. I precedenti lavori – “Liquid” incluso – registravano infatti un cambio continuo di formazione e la presenza di strumentisti che cambiavano a seconda del brano all’interno dello stesso album, ma con le successive date live pare che Wallner abbia finalmente approntato una macchina rodata. Questo “Liquid live” è composto da sette brani su dieci presenti proprio su “Liquid”, riproposti al “Night of the Prog Festival” a Loreley il 14 luglio 2017. Verrà distribuita anche un’edizione in cui ci sarà pure un DVD del concerto di Amburgo. La proposta, invero, sembra non entrarci nulla col prog, oscillando invece tra heavy rock e quello che per convenzione viene definito modern rock, con qualche puntata anche nel heavy metal. Qualcuno ha parlato in passato di neo-prog, ma attualmente il termine sembra piuttosto improprio. Certo, vengono inserite metriche non sempre usuali per gli stili menzionati e sicuramente la tendenza a “progressivizzare” la proposta è presente, ma parlare di rock progressivo o anche di prog-metal appare come una forzatura. Forse c’è anche qualche traccia di AOR, sempre resa però in maniera molto robusta, come in “Obsession”, che a suo tempo apriva il disco di esordio “Mirror” (2007). E sempre dal debutto viene estrapolata anche “Don’t Ask Me Why”, con un bell’assolo suggestivo nella lunga coda finale. Fattore, quest’ultimo, che può essere ascoltato anche su “Death”, dal secondo “Numb” (2009), più complessa, meno luminosa ma comunque con belle soluzioni chitarristiche. Dei fidi collaboratori qui è rimasto solo il bassista Sebastian Harnack (dei Sylvan); gli altri sono tutti professionisti che sanno il fatto loro e portano avanti il compito affidato con energia, come il secondo chitarrista Julian Kellner (Dante) o il batterista Michael Christoph (ex Dreamscape). Una menzione particolare occorre riconoscerla al vocalist Scott Balaban (Amon Ra), che canta sfrontato e deciso come se avesse fatto parte da sempre della band di Kalle Wallner, con una timbrica mascolina che non lascia spazio ad acuti da eunuchi. Ma è tutto il sound ad avere questa timbrica profonda, limpida e massiccia, denotando una produzione assolutamente accurata che però è riuscita a salvaguardare l’atmosfera live. Non c’è senso di vuoto né di sonorità striminzite, bensì impatto diretto. “Never Escape The Storm” è uno dei momenti più coinvolgenti, con vaghi echi dei Saviour Machine ed ancora un grande assolo finale (palese la natura neoclassica), mentre “Hear My Voice Out Here” conferma l’impatto frontale di cui si parlava prima, esaltando assolutamente il pubblico. Esaltazione della platea che si avverte chiaramente con la ballad “Speak the Truth”, apice del concerto, con un finale assolutamente emozionante, prima grazie alla voce di Balaban e poi alla chitarra di Wallner, che avrebbe fatto bene a chiudere l’evento con quella che sembrava essere la sua conclusione naturale. Invece, ci sono ancora “Blackened”, altra semi-ballad in cui Wallner interviene qua e là scaltramente, e “Tears and Laughterts”, che fa ondeggiare con decisione e a ritmo la testa. Non è una novità che si tenti di spacciare i prodotti per ciò che in realtà non sono… Lasciate quindi perdere il prog, avrete ben capito che qui non ce n’è. Se però vi piace musica hard & heavy, magari di quella che ha le radici nello stile di un certo Michael Schenker, suonata con scaltrezza e un po’ di ruffianeria, allora questo live potrebbe valere il vostro ascolto. Da sentire per intero un paio di volte; serve anche ad entrare in sintonia proprio col pubblico, che sembra aver decisamente apprezzato.
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