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Album nuovo, video nuovo, e dopo il passaggio sul palco del Teatro Wyspiański di Katowice nel 2009 (come headliner del Festival ProgRock) pubblicato come “The RPWL Live Experience”, ecco immortalata la riproposizione integrale dell’ambizioso concept “Beyond Man and Time”. La band di Yogi Land e Kalle Wallner, nel frattempo, ha visto la defezione del bassista e membro fondatore Chris Postl, la “P” del monile della band (forse desideroso di dedicarsi a tempo pieno al suo progetto Parzival’s Eye), sostituito egregiamente dall’austriaco Werner Taus. Il batterista Marc Turiaux è l’altro volto nuovo o quasi, avendo già sostituito Manni Müller all’epoca del video citato in apertura. Chi ha un minimo di familiarità con la band tedesca, ormai sulle scene da ben 15 anni, già conosce le inclinazioni floydiane di Yogi e soci; in questo caso però, è impossibile ignorare un valore aggiunto in termini di teatralità, dovuto all’idea di mettere in scena uno show concettuale basato liberamente sull’opera di Nietzsche “Così Parlò Zarathustra” (il titolo stesso deriva da una nota del filosofo, che rivela di aver ricevuto l’ispirazione nella valle svizzera dell’Engadina, “6000 piedi al di là dell’uomo e del tempo”, per l’appunto). Ecco quindi l’estroso frontman rinunciare alla sua “persona” un po’ dandy (non troppo dissimile dal modo di occupare il palco di Steve Hogarth) e sfruttare invece la sua presenza scenica per interpretare in sequenza i vari personaggi protagonisti del’opera, tappe del suo viaggio metaforico, spesso indossando grotteschi costumi di scena: il Custode, il Cieco, lo Scienziato, l’Uomo Più Brutto al Mondo (con Lang ad interpretare una personalissima variante del “Gobbo di Notre-Dame”!), il Creatore, l’Ombra, il Pescatore, il Saggio e via dicendo. Rispetto ad altre produzioni filmate nello stesso teatro, notiamo una maggiore enfasi anche nella presentazione: grandi schermi verticali fanno sfoggio di sé ai lati del palco, e l’illuminazione è particolarmente creativa; anche lo stile delle riprese e del montaggio differiscono dal tipico stile “Metal Mind”, potendo contare su un utilizzo esteso di camere a mano (a scapito delle “solite” inquadrature dall’alto e le carrellate sulla platea), che conferiscono all’esperienza visuale un dinamismo maggiore. Per quanto riguarda la musica, rimando all’estesa recensione dell’album qui riproposto, che secondo la mia opinione, oltre a prestarsi perfettamente al contesto live (per le ragioni descritte), rappresenta uno dei vertici della produzione degli RPWL (recentemente tornati alla ribalta col nuovo album di studio “Wanted”). La scaletta può infatti vantare frangenti melodici in stile Pendragon (come nell’ariosa title-track), parentesi più spacey, psichedeliche e dilatate di scuola Porcupine Tree (“We are what we are”, con la voce filtrata e sotto le righe, le percussioni sintetiche, la chitarra acustica e il riff orientaleggiante), e il tour de force “The Fishermen”, che con i suoi 17 minuti rappresenta la summa del suono del gruppo – ormai è il caso di dirlo, riconoscibilissimo malgrado le palesi influenze. A completare il tutto, e fare da trait d’union, una sconfinata passione per i Pink Floyd (soprattutto quelli tardivi guidati di Gilmour), mai celata e risalente alle stesse origini della band, la melodica ed ispirata chitarra solista di Wallner, e le tastiere analogiche di Markus Jehle che emergono solo a tratti, ma sempre con timbriche pastose e di sicuro gusto. Il concerto in terra polacca si conclude con l’ospitata di una nostra vecchia conoscenza, già presente in passato sui solchi degli RPWL: l’ex Stiltskin e (mai del tutto accettato) vocalist dei Genesis di “Calling All Stations”, il bravo Ray Wilson, che ripropone un brano orecchiabile come “Roses”, appartenente al passato della band, in cui notiamo tra l’altro una curiosa somiglianza timbrica tra i due cantanti. A completare il programma principale, abbiamo come bonus gli obbligatori “contenuti extra”, in forma di intervista con i due mainmen e di una traccia audio contenente commenti della band.
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