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TUSMØRKE |
Nordisk Krim |
Karisma Records |
2021 |
NOR |
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Finalmente esce un nuovo album dei Tusmørke! Beh mi farete notare che in realtà hanno pubblicato la media di un disco l’anno dal 2012 a qua, quindi non ci hanno mai fatto soffrire la loro mancanza… ma è anche vero che fra outtakes e progetti strambi, l’ultimo album “serio” risale ormai al 2017 e parlo di “Hinsides”. Ed eccolo finalmente un nuovo album “serio” e questa volta addirittura doppio, disponibile sia su 2 CD che su 2 vinili (quest’ultima versione in edizione limitata a 666 esemplari). Quindi, cari Tusmørke, la mia attenzione è tutta per voi: vediamo un po’ cosa ha combinato questa volta la combriccola dei fratelli Momrak (Benedikt al basso, alla chitarra, ai synth e alla voce e Kristoffer al flauto, alla voce e ai synth). Vi sareste aspettati che col passare degli anni questi musicisti avrebbero messo un po’ la testa a posto e limato un po’ il loro approccio sanguigno e un po’ rustico? Immaginate un po’ uno di quegli avamposti sperduti in qualche inaccessibile fiordo scandinavo… cosa volete che cambi in fondo con l’alternarsi ciclico dei lunghi mesi di buio e luce, con lo sciogliersi e il riformarsi dei ghiacci? Ecco come sono i Tusmørke, dei dispettosi spiriti delle foreste che non cresceranno mai. In questo insomma vi rassicuro subito. Il titolo potrebbe essere tradotto con “Noir nordico” e racchiude un concept ispirato alle misteriose mummie di palude danesi, cioè ai corpi mummificati ritrovati sepolti delle torbiere del nord Europa, come quella dell’uomo di Tollund, vissuto nel IV secolo dopo a.C. giunto a noi perfettamente integro. Da bambini Benedikt e Kristoffer visitarono i musei di Moesgaard e Silkeborg e rimasero impressionati da quei corpi scuri con i capelli arancioni e nello stesso periodo, all’età di 7 anni, si innamorarono dell’Heavy Metal… ecco quindi che il pasticcio è fatto! Il “Noir nordico” si riferisce al fatto che inizialmente si pensava che quei corpi avessero un interesse poliziesco e criminologico. L’album celebra i riti e le credenze di questi antichi popoli, i cui corpi giacciono nelle paludi assieme ai doni riservati alle loro divinità e le cui anime sono fra le stelle del cielo. Detto questo non è difficile a questo punto spiegarsi titoli come “Mumia”, “Cauldron Bog” o “Black Incubation”. Ma il nostro è soprattutto un viaggio musicale e fra i nostri compagni ci sono Haugebonden Gode Gullstein, che a giudicare dalla lista minuziosamente redatta dei suoi strumenti (Organo elettrico Crumar Mojo XT, Piano elettrico Crumar Seven, MiniMoog Model D, Roland JP-08, Mellotron M4000D) deve essere l’ennesimo pseudonimo del re delle tastiere analogiche Lars Fredrik Frøislie (smentitemi se non è vero) ed il batterista Martin Nordrum Kneppen, che si trasforma in HlewagastiR quando suona nei Tusmørke, ai quali si aggiunge la violinista Åsa Ree come ospite in alcune tracce. Un’ora e venti di musica rappresenta una bella sfida ma devo dire che i Tusmørke se la sono cavata egregiamente: fra brani più complessi e strutturati, momenti più dilatati e pezzi più diretti, l’opera appare piacevolmente assemblata e priva di riempitivi o ritagli, scorrendo fluida e senza intoppi. Anzi, per dirla tutta, il divertimento è tale che, anche se la cosa non si addice ad un ascoltatore Prog che si rispetti, l’impulso potrebbe essere quello di saltare in piedi sul tavolo e cantare a squarciagola scuotendo ritmicamente la testa. L’istinto si impadronirà di voi fin da subito con la frizzante “Ride the Whimbrel”, un divertente hard prog folk Tulliano cavalcato da una voce solista che potrebbe essere quella di uno Jan Anderson stregato, con intermezzi dal sapore silvano che possono ricordare i Comus e idilliache parti strumentali dominate da un organo Hammond alla Bo Hansson. “Age of Iron Man” è bella pestata all’inizio con suoni stratificati e ronzanti, ruvida e divertente, bella diretta ma con incredibili aperture sinfoniche che emergono in un inebriante guazzabuglio di hard rock, psichedelia e acid folk. “Mumia” potrebbe essere la hit dell’album con il suo ritornello accattivante e gli intriganti intermezzi strumentali, splendidamente traballanti e intrecciati, le sue tematiche horror ed uno splendido appeal live. “Cauldron Bog”, divertente e ritmata, mi fa venire in mente le cadenze danzanti dei Fruitcake riproposte in salsa gotica e grottesca mentre in “Dog’s Flash” si fanno più insistenti alcune fragranze medievaleggianti con suoni che sembrano quelli di una ghironda spettrale. “Moos Goddess” ci offre suadenti modulazioni hard blues con un organo Hammond fantasmagorico e polveroso che è quanto di più bello possiate trovare in questo album e che mi fa pensare tantissimo e ancora una volta alla classe infinita di Bo Hansson. Il cantato ritmato e gli stuzzicanti innesti folk con siparietti divertenti ma anche elegiaci all’occorrenza, il Minimoog sul finale delizioso con un’andatura in crescendo, gli elementi psichedelici e strambi in stile Gong, convergono in una formula che dal vivo dovrebbe girare alla perfezione, inducendo il pubblico a dimenarsi e cantare secondo gli ormai vecchi rituali che si osservano in certi concerti. “Black Incubation” apre il secondo CD ed il lato A del secondo vinile con tonalità oscure e cadenze lente vagamente Sabbathiane ma si traforma in men che non si dica in una cavalcata epica con le sue filastrocche, il flauto distorto e le tastiere funeree sullo sfondo a fare da contraltare alla vivacità dei ritmi, come per avvertirci che sul nostro cammino spedito potrebbe sempre pararsi una qualche spiacevole sorpresa. Il mood di questo brano cambia tantissime volte con temi musicali diversi che seguono metriche e sentieri diversi. "Et Moselik" e "Heksejakt" sono gli unici due pezzi cantati in norvegese e devo dire che suonano ancora più sinistri grazie a questa lingua. Il primo di questi in particolare mi ricorda molto i Comus mentre il secondo è più bizzarro e scalcinato e ha le vaghe sembianze di una disco dance horror medievale piacevolmente raccapricciante. C’è da dire che dura poco e qualche folle divagazione possiamo concederla. La lunghissima traccia di chiusura (quasi 18 minuti) intitolata “(The Marvellous and Murderous) Mysteries of Sacrifice” occupa l’intero lato B del secondo vinile inizia tiratissima alla velocità della luce con un ritmo pestato, per subire opportuni rallentamenti e ingorghi psichedelici, in una deriva sonora libera in cui prevalgono ampi momenti strumentali. Catartica e con interessanti venature VanderGraffiane, appare più diluita rispetto alle altre tracce assumendo forme più vaghe e meditative in cui si cerca di raggiungere determinate atmosfere atraverso la creazione di ampie scenografie sonore. Si tratta dell’ultimo capitolo un’opera fresca ma attentamente studiata, con arrangiamenti sofisticati ma diretti, con un grande lavoro alla abse che non grava sulla fruibilità della musica, fatta per divertire e stupire, come si addice ad un grande spettacolo teatrale. Un noir nordico, forse è proprio quello che ci voleva!
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Jessica Attene
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