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Lascereste mai un lupo a guardia di un gregge di pecore? Dareste mai ai Tusmørke il compito di scrivere canzoni per l'infanzia? Gli affidereste un intero coro di bambini? A parte gli scherzi, ed i Tusmørke, ormai lo sappiamo, sono effettivamente dei grandi burloni, mai e poi mai mi sarei aspettata dai nostri lugubri norvegesi un disco simile che ufficialmente viene presentato come il loro quinto album in studio, peraltro a breve distanza dall'imponente e convincente “Hinsides”. Leggere poi che la realizzazione di un musical per bambini rientri fra gli intenti di espansione degli orizzonti creativi del gruppo mi suona alquanto grottesco. Il disco, anche se a primo ascolto così non sembrerebbe, è stato pensato per una audience infantile e realizzato per una scolaresca di Oslo. La storia è quella di tre animali che vivono in un albero, costretti ad abbandonare il loro habitat in via di cementificazione e a rifugiarsi in città. Fin qui tutto bucolico ma vi assicuro che sentire le candide voci dei fanciulli della Nordstrand Aktivitetsskole cantare in coro con la voce sgraziata dei fratelli Momrak a contrappunto ha un effetto a dir poco stridente e la musica a supporto, un ruvido folk psichedelico di matrice nordica, invero mai esasperato, offre un panorama acustico piacevole, senza ombra di dubbio, ma ancora più insolito. E' vero che i nostri hanno cercato di evocare tutta la magia della natura norvegese, mantenendo tonalità profondamente vintage e assolutamente pacate, ma questo non mi libera da tutte le mie perplessità. L'album è formato da un rosario di 15 canzoni, tutte molto brevi, 5 minuti al massimo, e si divide in due parti registrate per motivi logistici in tempi diversi. Le tonalità sono spente, con un uso diffuso del flauto e ampi inserti della chitarra acustica, con percussioni tradizionali nettamente prevalenti sulla batteria e le immancabili coltri tastieristiche del nostro fenomeno Marxo Solina, ma non senza qualche eccentricità, come i ritmi quasi disco-dance anni Ottanta “Signekjerringa” o l'andamento un po' funky di “Rottekongen”. In ogni caso raramente sentirete i cori dei bambini andare in sincrono con i fratelli Benediktator che, a dire il vero, evitano di fare troppo la figura degli orchi ma che in ogni caso non possono di certo innalzare la loro estensione vocale oltre i limiti loro imposti dalla natura. Oserei dire che proprio la componente cantata alla lunga eserciti un effetto particolarmente stancante, per quanto la musica non ci deluda e ci presenti momenti molto belli, a volte davvero evocativi, come accade nella barocca “Underboerne” o nella ballad “Dyrene I Byen”, crepuscolare e sognante, o anche in “Vi Er Eid”, ritmata e dai ritornelli azzeccati. A conti fatti mi riesce però difficile giudicare questo lavoro come qualcosa di diverso da un puro divertissement e non riesco neanche ad immaginare la reazione dei bambini che dovrebbero rappresentare la platea di uditori ideale di quest'opera strampalata e persino deliziosa a modo suo ma a dir poco eccentrica. Ok cari Tusmørke, volevate prendervi gioco di noi? Volevate stupirci? Volevate spiazzarci? Ci siete riusciti con lode ma lo scherzo è bello quando dura poco, rientriamo nei ranghi per favore e se ci deve essere un'espansione creativa, vi prego, guardate altrove, ve ne sarei grata.
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