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TUSMØRKE |
Hinsides |
Svart Records |
2017 |
NOR |
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Neanche nella nostra casa possiamo sentirci davvero in pace: avete mai pensato alle vite di chi ci è passato prima che ne prendessimo possesso? E quelle vite hanno lasciato tracce? E voi stessi lascerete segni tangibili del vostro passaggio? E così il sound di “Hjemsøkte Hjem” (titolo che significa appunto “case stregate”) ci accompagna all'interno di questo nuovo album (il quarto in studio del gruppo) con un pizzico di inquietudine ma con la verve che ha sempre caratterizzato le produzioni dei fratelli Momrak (Krizla al flauto e Benediktator al basso) che, ormai lo avrete capito, non andrebbero mai presi troppo sul serio. Ed il brano, una specie di danza macabra e grottesca, saltellante e pesantemente imbottita di sonorità vintage, grazie soprattutto alle tastiere sempre ben nutrite del Phenomenon Marxo Solinas (meglio conosciuto col vero nome di Lars Fredrik Frøislie), si fa notare per i suoi accostamenti paradossali con ritornelli in stile surf rock, momenti di psichedelia e folk ed un finale decisamente spaziale e un po' alla Rockets. Lento e folkish, oscuro e dai ritmi ben scanditi dalla batteria, il successivo “I fell like Midnight”, questa volta in inglese, presenta una struttura geometrica tagliata al centro da una specie di danza tribale con tamburi vibranti ed il flauto che offre un effetto di giungla dalle fitte liane per poi piombare in cadenze doom e riprendere lo stesso filo melodico e cantilenante di partenza. Con “En Rykende Ruin” si procede con circospezione fra mille ombre mai troppo spaventose nonostante le funeree colate di organo con cori bui e fumi di musica sacra. I passi sono sempre ben scanditi e sembrano quelli di una cauta marcia fra miraggi gotici di cattedrali in macerie colonizzate da vegetazione fitta e spiriti. Gli innesti sinfonici sembrano quelli degli americani Cathedral ed il finale, soave, con voce e flauto, stempera in modo inaspettato ogni ombra, come raggi di sole che filtrano attraverso rosoni ampi con i loro giochi di luce colorati in una atmosfera di gioia inusuale. “Lyssky Drøm” somiglia invece a una nenia, col flauto e ed il cantato quasi sottovoce e sonorità sfumate dal sapore esotico ed esoterico e sembra quasi impossibile che voci di tale fatta siano in grado di intonare qualcosa di delicato. Il crumhorn sul finale conferisce al brano un'aria quasi pastorale. Ma l'attesa è tutta per il pezzo conclusivo che si staglia sugli altri per la sua lunga durata di circa 23 minuti. E' la prima volta che i nostri si avventurano in composizioni così ampie e sono stata da subito curiosa di scoprire come se la sono giocata. E' stato un po' come perdersi in un bosco passando attraverso sentieri più o meno illuminati e nascosti da alberi e fogliame, partendo a ritmo di marcia, scandito dal flauto e su cui imperversano tastiere possenti. Il cantato è cupo e in svedese ed ecco che improvvisamente i ritmi si serrano su atmosfere sempre più dark a cavallo fra la sinistra sacralità del rito magico ed il goliardico. I tamburi battenti sono sempre quelli efficacissimi di HlewagastiR (o Martin Nordrum Kneppen, che dir si voglia). Al successivo cambio di passo il paesaggio è quasi rurale e poetico ma le tastiere, buffe, ci fanno capire che i toni aulici o troppo seri poco si confanno a questo gruppo. In questo intricato girovagare si aprono passi di danza folk nordica, con tamburi e ghironda, e poi ci sono momenti più meditativi e abbellimenti sinfonici. In questo quadro sinistro e mutevole troviamo anche versi in latino recitati da una voce quasi disperata, quella di DreymimaðR, nuovo membro ufficiale dei Tusmørke. Gli ingredienti sono tantissimi in effetti e traspare benissimo la voglia di fare qualcosa di leggermente diverso e di più impegnativo rispetto allo stile ben consolidato che ormai ben conosciamo. Il brano è sicuramente suggestivo e di ampio respiro anche se forse soffre un po' per una eccessiva diluizione dei diversi elementi e forse qualche taglio e qualche compattazione lo avrebbe reso più efficace. Il valore complessivo non ne viene comunque indebolito e anzi, possiamo sperare benissimo in qualche esperimento futuro in tal senso che credo non mancherà, grazie anche al contributo del nuovissimo arrivo che, oltre a recitare in latino, suona anche la ghironda, il crumhorn ed il pixie flute norvegese. Rispetto alle produzioni passate ci discostiamo in media molto poco, anche se forse questo ultimo disco appare più cupo e meno dinamico. Per chi conosce già il gruppo, e sarebbe davvero un peccato se non fosse così, il divertimento è ancora assicurato, per quelli che sono appassionati di progressive rock di matrice nordica e dai tratti chiaramente vintage, il piatto è comunque servito.
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Jessica Attene
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