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MAGENTA Home & The New York suite (ltd edition) F2 Music 2006 UK

A dimostrazione della fase evolutiva e di rinnovo del sound complessivo del gruppo, il leader Rob Reed, aveva promosso due EP “Broken” e “I'm Alive” che lasciavano intravedere nuove maturità, sonore e compositive. Anche il DVD “The Gathering”, che anticipava alcuni brani di Home, eseguiti dal vivo, ha teso a dimostrare che la strada futura poteva subire modifiche rispetto, ai comunque già interessanti, lavori precedenti.
Lo sviluppo “a tema” ci narra della giovane protagonista e del suo viaggio negli States degli anni ’70, alla ricerca di un’identità personale tra incontri negativi e avventure nel mondo della droga e della prostituzione, ma anche incontri finali che la riportano sulla retta via e verso il ritorno a casa, in Inghilterra, con il suo nuovo bagaglio di esperienze e una maggiore maturità.
Il primo impatto con il lungo lavoro in esame (due CD per circa 108 minuti di musica) parte dal secondo brano “Hurt” con un inizio praticamente identico a “Xanadu” dei Rush. Poi anche durante l’ascolto si possono avvertire riferimenti compositivi, ora agli Yes, ora ai Camel, ora ad altri nomi grossi del prog storico, ma anche ai vari loro epigoni nati dal neo progressive brittanico.
Metterei comunque le assonanze a parte, primo perché per un gruppo di stampo sinfonico sono un po’ scontate e secondo per qui ci sono vari elementi fondamentali capaci a creare un netto e reale distinguo. Primo fra tutti la mente geniale, romantica e vulcanica del group leader Rob Reed, che si occupa di tutte le composizioni e appare veramente in un grande momento. Poi c’è lei Christina Maria Booth, una voce che va ben oltre la bellezza e che interpreta tutti i brani con una grazia e un sentimento, fuori dal comune. Abbiamo poi il chitarrista Chris Fry, che nessuno nega abbia imparato alla scuola di Hackett e Howe, ma che colpa gli si deve dare? Il ragazzo è estremamente talentuoso e il suo tocco di grande maestria.
Ogni brano ha un qualcosa che lo rende citabile, ma raccontarvi di tutti e venti diventerebbe inutile, Ricordo l’incredibile melodia di “Moving On”, le grandi aperture sonore di “The Journey”, forse il migliore della raccolta. La pelle d’oca e i brividi sulla schiena durante il cantato di “Towers of hope” o durante le belle parti quasi orchestrali in “Jurney’s end”.
Per il secondo volume il discorso è un po’ diverso per i suoi quattro brani piuttosto lunghi e con più parti strumentali, sempre molto azzeccate e rientranti più nella fattispecie del neo progressive. Chiude l’album la ripresa del tema di apertura “This Life”… piano e voce.
Disco riuscitissimo, lontano da funambolismi e ipertecnicismi, ma molto, molto vicino al cuore del prog, al nostro cuore.

 

Roberto Vanali

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