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Dopo due apprezzati dischi in studio, Robert Reed decide di portare in sede live il suo progetto “Sanctuary”. Per chi non avesse seguito le “puntate precedenti” facciamo un veloce riassunto, ricordando che si tratta di una proposta dichiaratamente ispirata ai primi lavori di Mike Oldfield, quelli delle grandi suite “Tubular bells”, “Ommadawn” e “Hergest ridge”. Ottenuti interessanti risultati con gli album pubblicati nel 2014 e nel 2016, Reed organizza un concerto presso i Real World Studios per l’8 ottobre del 2016, che è stato registrato per questa pubblicazione della Tigermoth Productions. L’evento immortalato è ora disponibile in un cd e un DVD, contenuti in un’elegante confezione digipack. Se in studio l’autore aveva potuto fare praticamente tutto da solo, per un live ha dovuto inevitabilmente contornarsi di svariati musicisti. E non poteva essere che elevato il numero di colleghi coinvolti che lo accompagnano sul palco, considerando che il parco strumenti necessario per l’esecuzione delle composizioni è bello ampio. Oltre all’autore, impegnato con chitarre, tastiere, vocoder, marimba, vibrafono e imprescindibili campane tubolari, ci sono ben dodici altre presenze sul palco, cinque delle quali sono coriste (tra le quali riconosciamo anche Christina Booth, compagna di vecchia data con i Magenta). È quasi superfluo dirlo, ma Reed si conferma capace di organizzare le cose al meglio e le esecuzioni avvengono senza sbavature, riuscendo a trasmettere le stesse sensazioni positive con le quali avevano già colpito. Il compositore e polistrumentista è riuscito a creare delle opere ad ampio respiro che, seppur non siano affatto originali, risultano alla fine credibili e piacevolissime da ascoltare. Merito di quel mix ben calibrato di prog sinfonico/romantico, folk, rock e derivazioni classiche. Si vivono belle emozioni, quindi, riascoltando dal vivo quel susseguirsi di temi incantati, passaggi riflessivi, atmosfere ora malinconiche, ora più gioiose e allegre, vocalizzi femminili celestiali, spunti che denotano quel pizzico di mistero e irrequietezza. Le opere di clonazione musicale sono un terreno molto insidioso, sul quale è facile inciampare e fare passi falsi che portano a brutte figure. Spesso rappresentano indice di scarsa personalità, ma in questo caso stiamo parlando di un personaggio che bazzica più o meno da un quarto di secolo nel mondo del progressive rock. Pur non proponendo nulla di originale, anzi spingendosi deliberatamente verso soluzioni sonore ben note, Reed sta riuscendo anche da solista a sfornare lavori di qualità dopo le varie esperienze con Magenta, Cyan, Fyreworks, ecc. Non abbiamo difficoltà, quindi, a ribadire che questi omaggi a Mike Oldfield sono proposte validissime caratterizzate da ottima musica e questo documento live ne è ulteriore testimonianza.
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