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MAGENTA Masters of illusion (CD + DVD) Tigermoth Records 2020 UK

Nel precedente “We are Legend” (2017), il cui titolo richiama quello di una novella horror di Richard Matheson ambientata in un mondo post apocalittico, non c’è un tema centrale che unisca i suoi 3 lunghi brani. Con questo “Masters of Illusion”, l’ottavo album in studio della discografia dei Magenta, torniamo invece alla formula già efficacemente sperimentata per “The Twenty Seven Club” (2013) in cui ogni canzone è un vero e proprio ritratto sonoro, in quel caso di musicisti accomunati dall’aver perso la vita prematuramente all’età di 27 anni. Ad essere celebrati in questi sei nuovi brani sono altrettanti celebri attori horror del passato. Anche musicalmente il nuovo lavoro è più vicino all’album appena citato che al suo diretto predecessore recuperando quello stile melodico e romantico, con suoni perfettamente cesellati, tanto apprezzato dai fan del gruppo.
Niente di orrorifico per delineare il carattere di attori che hanno interpretato personaggi spaventosi ma sonorità delicate e limpide che mettono a nudo luci e ombre di uomini visti nella loro quotidianità, talvolta segnata da cadute e fallimenti. Come possiamo facilmente immaginare “Bela” si ispira al leggendario attore Bela Lugosi, celebre per aver impersonato per la prima volta Dracula sul grande schermo nel film di Tod Browning del 1931, diventando il punto di riferimento per questo ruolo. La sua carriera non raggiungerà più quelle vette e la sua vita verrà rovinata dalla dipendenza da morfina e metadone. I testi di Steve Reed ci restituiscono una figura complessa e decadente che rivive attraverso una musica cinematografica e brillante ma allo stesso tempo intensamente romantica e malinconica. Da subito si fanno notare le bellissime orchestrazioni che in questo brano sono particolarmente in evidenza, con archi che evocano sentimenti di grandiosità e disperazione. I rintocchi delle campane hanno il sapore dell’ineluttabilità e forse aprono un varco verso l’immagine dell’attore nel suo ultimo giorno, sepolto con indosso il mantello di Dracula. Il brano presenta dinamiche interessanti con concatenazioni di riff di chitarra, suonata con uno stile pulito e preciso da Chris Fry, ma soprattutto con brillanti momenti tastieristici in cui riluce tutta la passione di Robert Reed per “Tubular Bells”. Particolarmente ispirata è la performance di Christina Booth, la cui voce, non a torto, viene spesso paragonata a quella di Annie Haslam. Ben sfaccettata è anche la componente ritmica col drumming, non fragoroso ma vivace e duttile, di Jon 'Jiffy' Griffiths ed il basso di Dan Nelson che sa portarsi in primo piano nei momenti più opportuni. Insomma, tutto sembra funzionare al meglio in questo che è fra i pezzi più riusciti dell’album con arrangiamenti variegati e scenari che si susseguono piacevolmente.
Non ha certamente bisogno di presentazioni Christopher Lee, anch’egli celebre interprete di Dracula in una serie di film della Hammer Film Productions. A lui è dedicata una dolcissima “A Gift of Good”, una morbida ballad con cori radiofonici (ospite in questo brano alla voce troviamo John Mitchell) ed orchestrazioni eleganti che di tanto in tanto affiorano come in un sogno. Più rockeggiante e bluesy appare la successiva “Reach for the Moon” in cui emerge il carattere di Lon Chaney Jr, attore etilista vissuto all’ombra del più famoso padre. In questo pezzo diretto e di piacevole impatto spicca in particolare la voce di Christina, dolce e potente. L’attrice polacca Ingrid Pitt, che raggiunse il successo per aver interpretato il ruolo di vampira in due film della Hammer, è la protagonista di “Snow”, brano dalla struttura non troppo complessa e dagli ammiccanti risvolti pop.
La delicata “The Rose”, impreziosita dalle uillean pipe di Troy Donockley e dal sax di Pete Jones, protagonisti entrambi di gustosi intermezzi, si ispira invece alla vita di Peter Cushing, rinomato interprete del cacciatore di vampiri Abraham Van Helsing. La sinfonicità di questo brano, nonostante gli abbellimenti tastieristici, è tutto sommato esile e non appesantisce più di tanto spartiti ariosi che fanno da elegante contorno alle liriche.
La ricerca di melodie che facciano leva sui sentimenti di chi ascolta rimane sempre centrale in questo album che ha come primo movente quello di raccontare storie e di calarsi nella vita di personaggi famosi ed interessanti mettendone a nudo caratteristiche che sfuggono a chi è abituato a vederli soltanto attraverso una pellicola cinematografica. La composizione più lunga e complessa dell’opera (16 minuti circa), la title track scritta in onore di Vincent Price, viene audacemente collocata in chiusura, riportando in alto l’attenzione con guizzi di MiniMoog dalla dialettica New Prog che ricorda molto i primi Marillion, assoli di chitarra puliti e brillanti alla Rothery e piacevoli riferimenti a Genesis e Yes.
Chi conosce già i Magenta troverà un album molto congeniale agli amanti del gruppo che rispolvera una formula per sé classica. La fattura è di buon livello e anche a livello artistico il gruppo ha dato il meglio di sé. Se il prog romantico (metterei questo aggettivo in prima posizione) e sinfonico (non troppo) è il vostro credo direi che potete avvicinarvi senza timore. Se amate qualcosa di leggermente più complesso in questo stile, tutto ciò potrebbe forse risultarvi un po’ annacquato ma nonostante ciò direi che vale la pena nel 2020 ricordarsi dei Magenta. L’edizione standard di questo album include un bonus DVD con il mix 5.1 e video promozionali mentre quella deluxe offre un intero bonus album con canzoni dei Magenta registrate nuovamente e intitolato “The Lost Reel”.



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Jessica Attene

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