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Il 2020 aveva già visto l’uscita di un nuovo album dei Magenta, “Masters of Illusion”, e dei Chimpan A (intitolato “The Empathy Machine”), in collaborazione con Steve Balsamo, ma questo evidentemente non era abbastanza per l’infaticabile Robert Reed che, stanco per aver duramente lavorato per la realizzazione di un quarto capitolo di “Sanctuary”, la sua saga Oldfieldiana iniziata con l’omonimo album nel 2014, così, giusto per rinfrescarsi un po’ lo spirito e le orecchie, ha trovato il tempo per pubblicare un nuovo disco, completamente diverso da quanto fin qui aveva mai realizzato. In questo nuovo album fa tutto da solo costruendo un sound intensamente tastieristico, con l’uso di sintetizzatori e drum machine e senza l’ausilio di altra strumentazione. In suo aiuto giunge soltanto il fidato amico Les Penning (meglio conosciuto per le sue collaborazioni con Oldfield), autore del concept e discreta voce narrante che interviene di tanto in tanto per ricostruire il filo logico di una fiaba ecologista dal retrogusto fantascientifico. Il baricentro stilistico di Reed si sposta così verso la musica elettronica che trova coordinate molto precise nelle sonorità e nello stile di Jean-Michel Jarre e di Vangelis. L’amore per questi artisti, ed in particolare per Jarre, risale all’infanzia di Reed, allorché suo fratello, avendo ricevuto in dono “Oxygène” (1974) che ascoltava in continuazione, fino allo sfinimento, finì per condizionare inconsapevolmente il nostro suggestionabile artista. Gli appassionati troveranno certamente familiari queste sonorità, ricostruite con amore, gusto e perizia, ed utilizzate per realizzare racconti sonori di ampio respiro ed intensamente melodici, limpidi nella loro struttura e decisamente cinematografici, con uno stile che ricorda molto quello dei Tangerine Dream. Il racconto, che inizia e finisce a Stonehenge, prende vita anche grazie alle bellissime illustrazioni di Matt Rocke incluse nel lussuoso booklet autografato che troverete nell’edizione limitata e speciale che racchiude anche un DVD con il mix 5.1 dell’opera ed un bonus CD, “Cursus, A Symphonic Poem”, con la versione orchestrale di 19 minuti di “Cursus”, più alcuni remix. La musica è sofisticata ed incredibilmente avvolgente, lasciata libera nell’aria prenderà corpo attorno a voi creando un’ambientazione speciale e quasi ultraterrena. Le sensazioni di ascolto sono piacevolmente vellutate e retrò, ricordando quel tipo di elettronica così affabile e fruibile che colpì non poco gli ascoltatori dell’epoca. La musica stessa è racconto ma seguire la storia, grazie anche alla preziosa opera grafica di Rocke, vi aiuterà ad immergervi in un'altra dimensione. Non mi stupirei se questo album diventasse effettivamente la colonna sonora di un film, tanto è scorrevole, comunicativo e molto propedeutico a fornire un sostegno sonoro ad un racconto per immagini. I pezzi sono scritti con gusto e non avrebbe senso parlare di plagio per la capacità di Reed di appropriarsi di linguaggi comunicativi altrui, riadattandoli alla sua personalità. Un esperimento simile, se lo ricordate, era rappresentato proprio da “Sanctuary” ed aveva come fulcro di ispirazione, in quel caso, “Tubular Bells”. Potremmo quindi dire che “Cursus” sta ad “Oxygène” come “Sanctuary” sta a “Tubular Bells” e non ci sarebbe assolutamente altro da aggiungere per farvi capire di cosa stiamo parlando. Il valore di questo progetto? Decidetelo voi. A me basta soltanto dire che la fattura è squisita ed il godimento è assicurato.
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