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THE LENS Regeneration Giant Electric Pea 2010 UK

Nel sud dell’Inghilterra, quando due terzi degli anni settanta se n’erano andati nell’oblio, assieme a gran parte dei dinosauri progressive, muovevano i primi passi dei ragazzi che non ne volevano sapere di abbandonare il verbo progressivo, magari a vantaggio di punk e new wave che, forse, gli avrebbe garantito più speranze di futuro. Questi ragazzi erano capitanati dal chitarrista Mike Holmes, che sarebbe stato raggiunto da Martin Orford solo dopo la defezione del primo tastierista. Ovviamente la band era quella dei “The Lens”, che dopo una serie di avventure sarebbe diventata uno dei cardini del new prog inglese della prima ondata, cioè gli IQ. A documentare la prima fase della band, nel 2001, uscì un lavoro chiamato “A World In Your Eye” che vedeva la rivisitazione di partiture dell’epoca, mai incise. In pratica era un progetto gestito da Holmes e da Orford con l’ausilio del sassofonista Tony Wrigth (quello di Subterranea). A distanza di un altro decennio Mike Holmes ci riprova, stavolta con quasi tutto materiale nuovo e appositamente composto. Regeneration è piuttosto eterogeneo e particolare, tanto che si va dal new prog classico alla IQ a momenti di elettronica floydiana, a frammenti decisi nella ritmica e con parecchie vicinanze alla trance progressive (sì, quella femminile d’uso danzerino), ad altri più di carattere ambient. Il tutto con un occhio strizzato verso il lato più easy del progressive, ritmicamente meno complesso e di accesso più ampio possibile.
Non che necessariamente sia tutto un male, infatti la cura dell’aspetto melodico è alta e la classe dell’autore garantisce per un prodotto positivo, seppur più di consumo.
Nell’analisi dei brani troviamo otto tracce per un totale di poco superiore all’ora. Ovviamente è tutto strumentale e visto il line-up ristretto tocca a Holmes suonare praticamente tutto, eccezione fatta per la batteria divisa tra Paul Cook e Niall Hayden e il sax, dove troviamo sempre Tony Wright, quindi chitarra, basso, tastiere e programmazioni ad appannaggio del padrone di casa. Si è detto che tutto sommato il disco prenda le distanze dalla materia tipica del new prog alla IQ e già dall’opener “Choosing A Farmer Part IV”, in effetti, ci troviamo di fronte ad un tema decisamente floydiano che addirittura – a tratti – sembra estratto da “Dark Side” con il sassofonista che si improvvisa Dik Parry per un attacco simil “Us And Them”. La seconda traccia passa invece il testimone ai Camel di “Moonmadness” per quasi l’intera prima parte, decisamente più IQ la seconda e complessivamente un ottimo brano new prog, con belle parti di tastiera e ritmica in crescendo. L’elettronica ambient della breve “Twenty Eight” si prolunga e diventa trance robotica nella diluita “Dreams” dove un deciso e martellante 4/4 copre quasi l’intera lunga traccia, tutto sommato persino in maniera piacevolmente leggera. E in effetti sarà proprio l’elettronica e una serie di soundscapes a dominare il resto del disco, tra richiami floydiani e di trance dall’aspetto dark e drammatico. Sia fatta eccezione per la seconda parte della lunga “Full Of Stars” dove salta fuori deciso un notevole strumentale tirato in piena aria IQ recenti, incluse alcune autocitazioni di “Seventh House”.
Non saprei con certezza a chi consigliare questo lavoro, piuttosto piacevole in generale e un po’ fuori dagli schemi. Chi abbia voglia di provarlo non credo rimarrà deluso, ovviamente tenendo ben presente quanto sopra detto.



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Roberto Vanali

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