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Nell’ambito di una serie di riedizioni dedicate al programma televisivo “Live from London” che durante gli anni ‘80 vide protagonisti anche Pallas, Twelfth Night e Magnum (per citare solo i nomi in ambito prog), la storica esibizione degli IQ al Camden Palace del 13 maggio 1985 vede finalmente la luce su supporto ottico. Per chi non ne fosse al corrente, il concerto segnò la momentanea fine della relazione tra Peter Nicholls e la band: evidentemente il discreto successo ottenuto non bastò ad arginare i malumori tra il cantante ed il resto del gruppo (che a breve recluterà il nuovo vocalist Paul Menel e firmerà per la Polygram). Il concerto in questione fu documentato all’epoca dal bootleg “Living Proof” (in seguito legalizzato), che circolò anche in formato VHS.
Il periodo è quello immediatamente successivo alla pubblicazione di “The Wake”, e vede la band in gran forma nonostante le tensioni interne fossero sul punto di far “saltare le giunture”: la scaletta, letta in retrospettiva, sembra quasi un “greatest hits” essendo infarcita di classici (praticamente “The Wake” al gran completo più “Awake and Nervous” dall’album d’esordio, “It All Stops Here” dal demo “Seven Stories into Eight” e la b-side “Just Changing Hands”) eseguiti in modo fedele agli originali.
A chi come me ha conosciuto gli IQ solo negli anni ’90 e ne conosce il bizzarro umorismo alla Monty Python, può fare un certo effetto vedere le ingenue trovate sceniche di Nicholls (che cambia giubbetto ad ogni brano… siamo o non siamo nel decennio dell’immagine?!), nonché l’insolita aura di serietà che pervade l’esibizione; fa piacere d’altro canto vedere Martin Orford alle prese con le manopole dei synth analogici (l’ARP Odissey è in bella evidenza) e con un autentico Mellotron M400, i cui cori - assieme alla chitarra di Mike Holmes - sono i veri protagonisti nella proposta strumentale dei primi IQ.
La qualità dell’audio è accettabile, nonostante la voce di Nicholls sia spesso penalizzata, mentre quella video è buona; le riprese a dire il vero risentono un po’ delle limitazioni imposte dalle tecniche televisive, ma le inquadrature lasciano abbastanza soddisfatti, privilegiando il carismatico frontman ma soffermandosi spesso anche sugli altri quattro in occasione dei numerosi assoli.
E’ forse superfluo aggiungere che questo documento d’epoca, nonostante la durata contenuta e l’assenza di contenuti extra, costituisce un acquisto quasi obbligato per i seguaci del migliore new-prog inglese.
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