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Chi ama il new-prog e ha seguito con una certa attenzione gli anni ’90 avrà sicuramente nel cuore i Collage, band polacca che in quel periodò ha sfornato una serie di album estremamente interessanti, “Moonshine” su tutti. Il vuoto che si è creato dopo lo scioglimento del gruppo è stato solo parzialmente colmato dai nuovi progetti portati avanti dai musicisti, a partire dai Satellite. Eppure oggi i Believe del chitarrista Marek Gil appaiono convincenti più che mai e pronti ad ammaliare quegli appassionati che venerano Marillion e IQ. “The warmest Sun in Winter” è il quinto album di questa formazione ed è un concept che narra la storia di due persone che da bambini erano amici per la pelle e che da adulti si rincontrano e si raccontano tutto ciò che è successo loro da quando si erano persi di vista. Non il massimo dell’originalità, certo, anche perché viene subito in mente il “Three friends” dei Gentle Giant di qualche decennio fa… Ma passando alla musica è da notare una somiglianza impressionante proprio con il citato “Moonshine”. Quelle melodie malinconiche, quelle esplosioni sinfoniche, quei cambi di tempo, quegli incroci chitarra-tastiere che trovavano perfetti equilibri, quelle atmosfere uggiose ma non troppo, quel romanticismo di fondo che hanno reso grande quel disco le ritroviamo riproposte oggi con immutata efficacia. Gil e compagni sfornano un lavoro emozionante e dalla elegantissima introduzione “The end” fino alla traccia nascosta che porta a conclusione il cd scorrono cinquanta minuti di ottimo new-prog, che potranno anche esaltare chi da quasi vent’anni cerca l’erede di “Moonshine”. Una prova corale davvero maiuscola, che mostra musicisti affiatati, pronti a regalare una serie di brani che magari non brillano per originalità, ma che per buon gusto, raffinatezza, esecuzione e feeling delineano una fase di grazia davvero invidiabile. Citazione di merito anche per il cantante Karol Wróbleski, che con il suo timbro caldo ed una splendida interpretazione fa capire di essersi integrato perfettamente nel gruppo. Gran disco nel suo genere, “The warmest Sun in Winter” contiene tutto quello che ci si può aspettare da un buon lavoro orientato verso il new-prog. Anzi, no. E’ uno di quegli ormai rari casi in cui le aspettative vengono anche superate.
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