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LARS FREDRIK FRØISLIE Gamle mester Karisma Records 2025 NOR

Lars Fredrik Frøislie è un personaggio che nel 2025 non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Per i potenziali distratti, ricordiamo che si tratta di uno di quei “prezzemolini” che da oltre venti anni dà un contributo non indifferente al prog moderno attraverso numerose collaborazioni. Il suo nome è legato a Wobbler, White Willow, Tusmorke, ma figura in un numero impressionante di dischi e, tra i tanti, ha suonato con The Opium Cartel, Annoth Rhül, Caligonaut, The Chronicles of Father Robin, Donner, Ske. Nel 2023 il suo esordio solista “Fire fortellinger” ha ottenuto buoni responsi di critica e di pubblico. Disco sicuramente valido ed egregiamente suonato, ma, a parer di chi scrive, un po’ troppo di maniera. Dopo due anni, ecco il seguito intitolato “Gamle mester”. Frøislie anche stavolta si circonda di un impressionante armamentario di tastiere, si esibisce anche alla batteria e al canto (in norvegese) ed è l’autore di tutti i brani. A dargli manforte, nuovamente Nikolai Hængsle al basso (già con Elephant9 e Needlepoint), al quale si aggiunge Ketil Einarsen al flauto. Il disco parte subito molto bene, con lo strumentale “Demring”, un rock sinfonico che è un tripudio di tastiere, giusto per mettere in chiaro le cose. È una composizione che può essere idealmente suddivisa in due parti: nella prima si viaggia su ritmi spediti, con il flauto accompagna brillantemente ed un tema portante che rimane impresso in mente, nella seconda l’atmosfera è più riflessiva e molto malinconica. Emergono immediatamente alcune caratteristiche che si ripeteranno costantemente durante l’ascolto. Innanzitutto colpiscono molto certi contrasti, non tanto musicali, quanto di volume, di alternanza tra “piano” e “forte”, che fanno quasi sobbalzare quando si passa da un momento pacato ad un’esplosione fragorosa. Non ci si risparmia, poi, nell’utilizzo del mellotron che fa sempre il suo bell’effetto. E si segnalano anche i primi interventi del clavicembalo, che avrà modo di farsi sentire più volte anche in seguito dando un tocco classicheggiante. “Jakten På Det Kalydonske Villsvin”, con i suoi dieci minuti permette di accentuare queste caratteristiche e il rock sinfonico proposto assume ancora di più connotati nordici. Finemente elaborata, con la voce di Frøislie che ben si inserisce nel contesto, presenta molteplici variazioni e si muove tra continui cambi di tempo e di atmosfera, al punto che bisogna dare un ascolto attento per coglierne tutte le sfumature. La strumentale title-track è il pezzo più vivace del lotto e, muovendosi verso sentieri cari agli Yes, fa venire maggiormente a galla l’influenza esercitata da Rick Wakeman verso Frøislie. Arriva il turno di “Medusas Flåte”, dall’incedere decisamente più drammatico e che può far correre più di un brivido a chi ama il sound degli Anglagard. E poi ecco “De tre gatier”, che con i suoi dodici minuti e mezzo è la piece de resistence del disco. Si denota un tocco barocco, grazie ad un tema di clavicembalo in apertura e ripreso poi verso i quattro minuti per uno dei momenti più suggestivi dell’album. Nelle sezioni più concitate, Frøislie è capace di tutto: il sound è per lo più vibrante, nuovamente in odore di Yes, presenta fughe strumentali avvincenti, inserimenti di flauto quasi tulliani, le solite cascate di mellotron, trame sonore finemente elaborate. Un gioiello che precede il finale affidato a “Skumring”, strumentale di poco più di tre minuti classicheggianti, col piano in bella evidenza che riprende i temi dell’opener “Demring”. Con “Gamle mester”, meno immediato del debutto, Frøislie dimostra di essere convincente con un sound moderno pur ricorrendo a timbri classici dell’epoca d’oro del progressive rock. Quest’album, insomma, fonde passato e presente e con le sue dinamiche mette in mostra una complessità non forzata, non astrusa, ma strettamente funzionale alle composizioni. Un disco che fa schizzare forte verso l’alto le quotazioni del tastierista norvegese, per molti già abbastanza elevate prima.

 

Peppe Di Spirito

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