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Nella sterminata discografia di Rick Wakeman ci sono alcuni album realizzati negli anni ’80 e che sembrano degli strani ibridi tra quanto il celebre tastierista aveva proposto negli anni ’70 e i suoni sintetici del nuovo decennio. Tra questi figura la colonna sonora del film “Crimes of passion”, datato 1984 e uscito in Italia con il titolo “China blue”. Il buon Rick si cimenta in una serie di brani di breve durata, che riflettono la sua capacità di indirizzarsi verso il rock sinfonico di cui era stato assoluto protagonista. Eppure, gli elementi di natura classicheggiante vengono per l’occasione mescolati con sonorità più attuali. I timbri si fanno più algidi e “di plastica”, come si suol dire quando si fa riferimento a quel periodo. Wakeman è impegnato alle tastiere e ai sintetizzatori e si circonda di alcuni fidi collaboratori, a partire da Tony Fernandez alla batteria e alle percussioni e passando poi a Chas Conk al basso, Rick Fenn alla chitarra e Bimbo Acock al sassofono. Lo stile di Rick è perfettamente riconoscibile e sembra quasi voler attualizzare certe soluzioni adottate in passato con “The six wives of Henry VIII”, sempre legandole ad una base che vede come punto di riferimento la musica classica (si avvertono abbastanza nettamente i riferimenti alla sinfonica “Il nuovo mondo” di Dvorak). Scorrono una serie di composizioni vivaci, gradevoli all’ascolto e abbastanza omogenee nelle strutture e nello stile (solo una traccia è più pacata e d’atmosfera), ma soffrono inevitabilmente di quei suoni tipici degli anni ’80. In apertura dell’album figura il singolo “It’s a lovely life”, cantato dalla sempre splendida ugola di Maggie Bell e che risulta una pop-song carina e nulla più, nonostante qualche tratteggio hard rock. In chiusura una bonus track, che vede ancora la Bell alle parti vocali, “Dangerous woman”, che poco aggiunge al lavoro. Nelle brevi note di copertina Rick Wakeman si sofferma soprattutto sul rapporto con il regista Ken Russell e di come si sia trovato a suo agio a lavorare con lui, mostrando grande ammirazione. Non dice gran che, invece, sulla musica, che può risultare piacevole ad un ascolto disimpegnato. Per un artista che vanta una discografia solista di oltre cento titoli, “Crimes of passion” non si può certo collocare ai vertici di una ideale classifica, ma nemmeno finirà troppo in basso, anzi, merita la giusta attenzione, perché la qualità c’è e risulta solo un po’ penalizzata dai suoni freddi. La ristampa di questa colonna sonora resta più che altro un’occasione di acquisto per i fan più incalliti che non si lasciano sfuggire nulla di uno dei più grandi personaggi e tastieristi della storia del prog.
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