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Da mesi era preannunciato che gli Yes avrebbero rinunciato alle tastiere per dare spazio all'orchestra ed era quindi tanta la curiosità di ascoltare il nuovo album dello storico gruppo inglese. Diciamolo subito: "Magnification" è un bell'album e se in qualche momento riprende l'elegante pop-rock di "Open your eyes", non scade mai in composizioni insulse come alcune presenti nel pur valido "The ladder". L'unica vera assenza in questo lavoro, in realtà, non è rappresentata da Rick Wakeman, bensì da Roger Dean, visto che stavolta non è lui l'autore dell'artwork. Musicalmente, si può dire che lo Yessound rinasce ad ottimi livelli: Anderson, Howe, Squire e White sfoggiano tutta la loro classe cristallina e riportano in auge la band con un rock sinfonico che piacerà sicuramente a chi ama questo tipo di sonorità. L'orchestra si amalgama perfettamente con la strumentazione rock, senza mai risultare preponderante ed evitando arrangiamenti tronfi e pomposi. A tratti gli interventi sinfonici mi riportano alla mente lo splendido "Fish out of water" di Squire, pur non raggiungendo quei vertici di bellezza. Non mancano ritornelli di facile presa, ma tutto sommato anche questa è sempre stata una delle caratteristiche degli Yes, che ritroviamo insieme ai classici tecnicismi, ai coretti, ai cambi di tempo e a tutto ciò che ha reso celebre la band. Brani come "Dreamtime" e "In the present of", con le loro evoluzioni, la loro struttura e le emozioni che regalano sono tra le cose migliori degli Yes dai tempi di "Drama". Tra canzoni brevi e raffinate e composizioni più lunghe e ricercate, con un Howe in gran forma che cesella grandi ricami di chitarra, l'album si snoda in 60 minuti che difficilmente deluderanno gli ammiratori della band, per i quali si tratterà senz'altro di un acquisto obbligato.
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