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I Cast sono al ventesimo lavoro ed è, senza ombra di dubbio, il gruppo che nelle ultime due decadi ha prodotto di più. Un disco dei Cast è come il canone Rai o la tassa sull’immondizia, non sai quando… ma è sicuro che arriverà prima della fine dell’anno.
Pur essendo derivativi all’ennesima potenza, amo tantissimo il suono e i lavori di questo gruppo sudamericano. Considerata anche la loro prolificissima carriera, dobbiamo affermare che la qualità media dei lavori (escluso "Mosaique", una pseudo raccolta uscita male) è superiore a quella dei gruppi prog, almeno per quanto riguarda il versante sinfonico.
Cerchiamo di non farci influenzare dall’orrenda copertina perché "Com.union" è tra i dischi più belli prodotti dai Cast, dove lunghi lavori strumentali e altri cantati in spagnolo, la loro lingua madre, si alternano in maniera più che gradevole. Siamo davanti ad un disco di transizione, Alfonso Vidales cerca di inserire elementi nuovi svariando tra vari generi rispetto al passato. In ogni caso, i momenti nei quali le influenze classiche di Genesis e Camel vengono unite agli elementi caratteristici della cultura messicana e latina in generale, son quelli che fanno ancora la parte del leone.
Il gruppo centroamericano ha sempre prodotto dischi con questa formula ed in questo lavoro riescono ad unire il tutto anche in maniera più commerciale. Vedi la potenziale hit "Fantasmas y Demonios" che ricorda molto gruppi della stessa area come gli Jinetes negros. Molto hard senza mai sfociare nel metal con un grande lavoro di sintetizzatori e con un ritornello e passaggi musicali che ti rimangono in mente come poche altre cose uscite recentemente.
Parliamo anche di quel bellissimo lavoro di copia e incolla che sono gli 11 minuti di "Eufonia". Consiglierei gli psichiatri che dovessero analizzare un appassionato di prog, di avvalersi di questo brano invece delle macchie di Roschach. Sarebbe, infatti, interessante vedere che gruppi e che brani citerebbero. Io potrei dire IQ (ci son parti uguali ad "Outer Limits"), Genesis, Sagrado, Camel ma potrei continuare. Tuttavia il brano è bellissimo. Ricco di cambi di tempo e di melodie stupende. Una delle cose migliori prodotte dai Cast anche se ti rimane in testa l’idea che stai sentendo una cover di qualcun altro.
Un’introduzione orientaleggiante è il biglietto da visita di "Sensacion Arabe", caratterizzata dalla voce di Lupita Acuña ormai membro stabile della formazione, altro brano che non si allontana di molto dalle tipiche atmosfere tipiche del gruppi messicano.
L’intermezzo jazz-bossanova di "Damajuana II" ci porta a "Donde se visten las Serpientes" altro brano da ricordare di questo album, brano semplice ma sognante con flauto e tastiera a spadroneggiare.
Saltate a piedi uniti “Hogar dolce Hogar”, un pezzo jazz anni 20 che non serve veramente a niente, ma solo a far minutaggio nel cd, e soffermatevi sugli ultimi due brani che sono molto interessanti anche per capire il futuro sonoro di questa band. In “Lobos” e “Io” provano a strizzare l’occhio al new prog anni 90.
Il risultato non è del tutto soddisfacente anche se non si può parlare di pezzi brutti, tutt’altro. Nel complesso per essere un disco di transizione, un lavoro più che positivo, con perle da ricordare ma con un paio di cadute di stile grossolane. Il futuro però, da quello che si sente, non è buio per i Cast, aspettiamo con ansia il loro prossimo lavoro per vedere come si evolvono le tante influenze inserite tra questi solchi e sono aperte le scommesse se dovremmo pagare prima l’ICI o recensire il loro nuovo lavoro.
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