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Mettiamo che un grande chef cucini il vostro piatto preferito e lo faccia scegliendo accuratamente gli ingredienti giusti, di prima qualità, è che poi ve lo serva in maniera sontuosa, facendo attenzione ad ogni minimo dettaglio. Come non mangiarlo con la massima soddisfazione, come non apprezzarlo, come non aver voglia di ripetere l'esperienza sensoriale? Peccato solo che come ogni piatto di Nouvelle Cuisine che si rispetti la quantità non sia sufficiente a saziarvi! Eh sì perché la musica è quella giusta, gli strumenti sono quelli giusti ed i musicisti sono formidabili ma… qui abbiamo solo un misero mini CD della durata di appena 35 minuti! Un dischetto di avanzi anche!!! Ora vi spiego meglio: il cuore di questo album è composto da due lunghi pezzi, già diffusi dal gruppo in rete e risalenti al 1999 ma registrati nuovamente fra il Giugno e l'Ottobre del 2007. Si tratta quindi di materiale già noto, riproposto però con una qualità di incisone migliore e con arrangiamenti leggermente diversi. Il salto fra la versione demo e quella nuova in studio si percepisce, a vantaggio ovviamente dell'edizione più recente, anche se la sostanza è quella. L'opinione comunque di molti era che le tracce del demo fossero migliori rispetto al primo disco della band, "Hinterland", e l'impressione viene qui confermata e rafforzata. Quello che colpisce sicuramente di più è la bellissima gamma sonora impiegata che deriva soprattutto dall'impiego di un ricchissimo elenco di tastiere vintage, tutte rigorosamente anteriori al 1974 (così come il resto della strumentazione). Troviamo un paio di Mellotron, dei quali vengono impiegati praticamente tutti i registri, l'intramontabile Hammond ma anche il Clavinet D6 della Hohner, il Solina String Ensemble, ed il MiniMoog. Dal punto di vista musicale possiamo qui ascoltare la quintessenza di quello che può essere considerato il miglior prog sinfonico di stampo europeo, con numerosi riferimenti ai grandi classici del passato, più o meno espliciti, citazioni più o meno evidenti ed un pizzico di alone nordico a guarnire il tutto. Non a caso uno dei riferimenti più forti è quello che ci riporta agli svedesi Änglagård che tornano all'orecchio più e più volte, sia per quanto riguarda il gusto percussivo, sia per quel che riguarda l'uso del Mellotron e gli oscuri barocchismi tipici di questa band. Si tratta di due pezzi assolutamente strepitosi, frutto di un grande lavoro compositivo, arrangiati in modo intrigante, rifiniti in maniera minuziosa e sapiente e suonati con grande tecnica. Si può volere di più? L'originalità? Quella non fa parte di questa terra ma non me ne preoccuperei poi troppo: questo progetto vuole essere un atto dichiarato d'amore verso la grande musica del passato ed accettiamolo quindi per quello che è senza troppi patemi, anche perché il godimento di ascolto è assolutamente assicurato. A parte questi due bei pezzi sostanziosi troviamo a corollario di questo mini album altre tre brevissime composizioni che oscillano dai 55 secondi di "The Haywain" ai 3 minuti di "Armoury". Si tratta di piccole delizie, poco più che riempitive, che suggellano un disco impeccabile, anche se breve, e che rappresenta l'ottimo preludio ad un futuro nuovo album in studio della band che speriamo arriverà presto. Non ci rimane che aspettare la nuova avventura, godendoci nel frattempo questo assaggio. I Wobbler hanno teso questa nuova trappola ed io ci sono cascata ancora una volta in pieno, ma come poter resistere?
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