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Leggendo la piccola lista dei ringraziamenti di questo disco ho notato subito la presenza dei Genesis, il titolo “The Waiting Room” ha alimentato successivamente i miei sospetti ed ho pensato inevitabilmente ad una fonte d’ispirazione chiara e precisa: “The Lamb Lies On Brodway”. Fortunatamente (almeno in questo caso) mi sono in buona parte sbagliato. In realtà l’influenza dei Genesis risulta piuttosto effimera, apparentemente quasi nulla, in quanto i nostri cari Chuck Oken Jr. e Gayle Ellett, la maggior parte di voi conoscerà i Djam Karet, immagino, hanno sì preso qualche vago spunto dai momenti più astratti e sperimentali da “The Lamb...”, ma gran parte di questo ottimo cd rientra a far parte di quella parte musicale dei Djam Karet totalmente orientata verso la musica ambient ed elettronica e poco incline al rock, l’altra faccia della medaglia. Ed infatti accanto ai Genesis ritroviamo anche un’altro nome, grande fonte di ispirazione, ovvero Steve Roach. E pure Richard Pinhas. E’ davvero una gradita sorpresa trovare il chitarrista degli Heldon ospite in “The Waiting Room”, ovviamene qui impegnato con suoi noti loops di chitarra elettrica, stavolta forse più morbidi e soffusi del solito. L’ambizione di “The Waiting Room” è in teoria quella di combinare le tipiche sonorità analogiche della musica elettronica anni settanta con un’estetica più moderna e contemporanea... Contemporanea è forse una parola grossa in quanto la modernità del progetto è relativa al massimo fino agli scorsi anni novanta, in un certo senso pare che Chuck Oken e Gayle Ellett non siano veramente aggiornati sulle ultime evoluzioni (diciamo così) della musica elettronica o comunque non sembrano intenzionati più di tanto ad esplorarle. Anzi, oserei dire che da quel grande disco che era “Suspension & Displacement” le novità sono davvero poche... e da allora sono passati vent’anni. Anzi, con in mezzo un piccolo misconosciuto capolavoro come “The 4th Wave”, titolo uscito sotto Maskit Chamber, altro progetto solista di Gayle Ellett purtroppo oggi piuttosto difficile da recuperare. Stiamo comunque pur sempre parlando dei Djam Karet, quindi non possiamo aspettarci che un disco quantomeno eccellente... un ottimo disco di musica elettronica ed ambient, dunque, non di progressive (rock). Il termine “progressive” in questi casi (come in altri) mi sembra un pò pretestuoso. I quattro lunghi brani che compongono “The Waiting Room”, registrati in parte live e parzialmente in studio, nell’arco di tre anni, tra la California e la Francia, sono in larga parte performance improvvisate in cui prendono forma le tipiche visioni mistiche e oniriche dei Djam Karet, talvolta in bilico fra il sogno e l’incubo più oscuro; negli oltre sessanta minuti che compongono “The Waiting Room” i riferimenti ad una rarefatta ambient etnica e tribale (Steve Roach e Jon Hassell) si fondono e trasmutano in avvolgenti drones accompagnati dagli ipnotici loops minimali di Pinhas, mentre le dissonanze ed altri strani ed inquietanti effetti si dissolvono nelle melodie sospese, tese e cariche di significati, così care a chi ha già avuto familiarità con la discografia dei Djam Karet. Ukab Maerd è “Baku Dream” rivolto allo specchio, dall’omonimo disco dei Djam Karet uscito nel 2003: i Baku sono gli spiriti benigni del mondo onirico nella mitologia nipponica e cinese, divoratori degli incubi e delle sfortune degli esseri umani; “The Waiting Room” rappresenta dunque il sogno del Baku, quindi idealmente la rappresentazione dei nostri incubi, le nostre ansie, paure, ed infine il risveglio da ogni forma di dolore ed angoscia... un’esperienza mistica che rende pienamente il senso dello spessore artistico di questi grandi musicisti.
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