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Dopo una carriera che dura da oltre 15 anni ed un buon numero di ottimi album, i Djam Karet non sono certo una sorpresa e "New dark age" conferma, anche se non ce n'era certo bisogno, la qualità e la grande versatilità di questa band unica. L'inizio acceso di "No man's land" ci porta subito nell'ambito musicale più classico del gruppo, fatto di chitarre energiche e ritmiche fantasiose. "Web of Medea" si apre con un sound quasi sinfonico, ma prosegue poi su coordinate più vicine ad uno space-rock cosmico. "All clear" ha invece un inizio veloce e mostra il continuo alternarsi ed inseguirsi di tastiere e chitarre ruggenti che portano man mano ad un finale più melodico. Con "Raising Orpheus" si ritorna a sonorità cosmiche, che, dopo un minuto e mezzo, cedono la scena al ruggito rallentato della sei corde. A partire dal secondo minuto si affaccia la sezione ritmica con cadenze eleganti, preludio di note chitarristiche che tornano a rincorrersi incalzanti, accavallandosi incessantemente prima del finale atmosferico. Il chitarrismo compassato di "Alone with the river man" precede veloci accelerazioni, cui si susseguono variazioni ritmiche ed atmosferiche che mostrano il lato più psichedelico della band. Nei dieci minuti di "Going home" si avvicendano melodia e frenesia, con il mellotron che fa quasi da contrasto ai deliri chitarristici, preludio di un finale a dir poco arroventato. A questi brani, inoltre, si alternano una serie di tracce di durata inferiore ai 3 minuti che fanno emergere il lato elettronico dei Djam Karet: un ambient dai suoni rallentati e dilatati, con rumori filtrati, ipnotico e riflessivo. "New dark age" è un buon album strumentale, non certo il migliore dei Djam Karet, ma difficilmente scontenterà gli appassionati del talentuoso gruppo, poiché mostra tutte le peculiarità che ne hanno definito il sound nel corso degli anni.
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